Sfruttare le potenzialità dell’internet delle cose per rendere le viticoltura più smart e sostenibile. E’ questo l’obiettivo del progetto SUSGRAPE, avviato grazie a un finanziamento Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020 e coordinato da AREA Science Park. Un’iniziativa che vedrà la sperimentazione in due diverse zone agricole sul confine italo-sloveno di un Sistema di Supporto Decisionale (DSS) in grado di offrire, grazie alla combinazione di big data pubblici e rilevazioni ad hoc, un supporto ai viticoltori della zona nel promuovere un’agricoltura più sostenibile.
L’idea è quella di ridurre l’uso di sostanze chimiche, di limitare le emissioni di co2, ma anche di incentivare una gestione responsabile della risorsa idrica e di limitare il più possibile l’uso di pesticidi tradizionali favorendo quelli biologici. Per ottenere questi risultati verranno sfruttate le potenzialità dei big data che introdurranno una modalità di problem solving più efficace, perchè improntata a un approccio predittivo dove qualsiasi criticità legata alla coltivazione può essere gestita in fase iniziale limitando l’entità del danno e quindi l’intervento di sostanze chimiche dannose per l’ambiente.
Informazioni capillari ed esatte
“La tecnologia – ha spiegato a Canaleenergia Federico Longobardi, direttore tecnico di Primo Principio, realtà specializzata nell’offerta di servizi ICT dedicati al mondo rurale e agricolo che partecipa al progetto – è in grado di dare informazioni capillari esatte al produttore e all’agronomo permettendo di ridurre drasticamente l’utilizzo della chimica (….) Con la tecnologia è possibile monitorare lo stato di salute dei terreni e delle piante e quindi intervenire con gli agrofarmaci in maniera mirata nel tempo”.
Riduzione del 50% dell’uso della chimica
“Quest’approccio permette una riduzione del 50% della chimica che viene utilizzata nel vigneto, con un aumento di qualità e quantità di prodotto. Le informazioni vengono, infatti, usate per ridurre l’impiego di pesticidi e promuovere un’azione agronomica mirata. E’ un po’ come se la tecnologia permettesse di avere tanti piccoli operai a costo zero o molto contenuto che osservano24 ore su su 24 il vigneto e ci riportano le loro informazioni. Questo non si può fare con le persone, ma con la tecnologica si”, ha aggiunto Longobardi.
Un supporto decisionale in chiave predittiva
Grazie ai sensori che possono monitorare “ecosistemi di interesse” come il terreno, la pianta e l’aria si possono, ad esempio, raccogliere dati su temperatura e umidità del terreno o dimensioni dello stelo e dei frutti. Informazioni che, immagazzinate dal sistema WiForAgri di Primo Principio, vengono poi elaborati per offrire un supporto decisionale all’agricoltore in un’ottica che si svincola dalla contingenza dell’intervento dettato dalla necessità per spostarsi nell’ambito del modello previsionale. “Con tutti questi dati applicando dei modelli agronomici e dei modelli statistici è possibile nel tempo riuscire a prevenire delle situazioni di rischio, non solo identificarle mentre stanno accadendo”.
Soluzioni economicamente ancora poco sostenibili
“Tutto ciò però si scontra con una sfida importante che è la sostenibilità economica per il produttore che fa l’investimento. Queste soluzioni innovative si stanno diffondendo in maniera importante in agricoltura, ma la loro penetrazione sul mercato è ancora molto bassa. Solo l’1% dei campi italiani è dotato, infatti, di un sistema tecnologico. L’obiettivo del Governo e dell’Europa è di incrementare fortemente questi numeri, perchè impattano sulla competitività della nostra agricoltura. Quindi quello che si vuole ottenere nei prossimi 10 anni è riuscire ad arrivare almeno al 10% di penetrazione tecnologica nell’agricoltura”, ha sottolineato Longobardi.
La sperimentazione realizzata dal progetto
“La soluzione che sperimenteremo nel progetto è un’evoluzione del wii for agri che si ferma alla raccolta dei dati con i sensori e all’utilizzo di modelli previsionali standard. in questi due anni di progetto congiunto con le imprese proveremo a utilizzare dati esterni, big data, pubblici e sfrutteremo il contributo dell’uomo come ad esempio fotografie o raccolta di campioni di terreno. Incrementeremo insomma i dati di input e come output creeremo un sistema di supporto alle decisioni per l’agricoltore che fornirà un quadro molto chiaro, molto preciso e molto semplice di cosa cosa sta accadendo nel suo vigneto”, ha detto il manager.
Un modello location based
Intorno al progetto ruota una rete formata da diciassette imprese, due centri ricerca, un’università, tra cui, oltre ad AREA, spiccano Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie – ICGEB, Primo Principio, Camera di Commercio Italo-Slovena di Capodistria, Università del Litorale, Consorzio di Tutela Vini del Collio e Vinakoper, storica azienda vitivinicola slovena con più di 500 ettari di produzione. In particolare “Università del Litorale lavorerà alla stesura di un un modello previsionale sulle malattie delle vite personalizzato agli ecosistemi vinicoli dei territori presi in esame. Si prenderanno dei modelli previsionali generici in letteratura che verranno poi customizzati in base al tipo di terreno e di pianta prodotte in Friuli Venezia Giulia e Slovenia”.
Le potenzialità della microbiologia per l’agricoltura
Un altro elemento chiave del progetto è la possibilità di sfruttare le potenzialità della microbiologia per applicarle all’agricoltura attraverso analisi genetiche transfrontaliere delle popolazioni batteriche che caratterizzano le viti, con lo scopo di sviluppare nuovi biopesticidi. Ma come si caratterizza quest’approccio e qual è la sua importanza? “La caratterizzazione delle popolazioni batteriche che colonizzano un’ambiente (microbioma) – spiega a Canaleenrgia Iris Bertani e collaboro con il laboratorio di batteriologia dell’ICGEB – rientra nel nuovo approccio microbiologico che vuole indagare le potenzialita’ di queste enormi comunita’ microbiche che colonizzano gli esseri viventi. L’importanza di queste comunta’ e’ tale che attualmente ci si riferisce ad esse come al “secondo genoma” di un organismo. Il microbioma delle piante gioca un ruolo fondamentale sulla loro salute, crescita e resistenza agli stress (siccita’, malattie, carenze nutrizionali etc). I microorganismi che colonizzano superficialmente ed internamente i tessuti della pianta rendono piu’ facile a quest’ultima il reperimento dei nutrienti (fissano l’azoto atmosferico e solubilizzano il fosforo e gli altri minerali), producono ormoni vegetali che ne promuovono la crescita, tengono in allerta il suo sistema immunitario rendendolo piu’ attivo e veloce nel rispondere alle infezioni, occupano fisicamente lo spazio che altrimenti potrebbe essere occupato da potenziali patogeni ed eventualmente competono con loro per i nutrienti e producendo sostanze che ne inibiscono lo sviluppo (antibiotici)”.
Microbiologia, genetica e biopesticidi
Come viene declinato questa metodologia nel progetto e su cosa vi concentrerete in particolare? “Capire, ed eventualmente intervenire, sulla composizione del microbioma puo’ portare ad un uso ridotto dei chimici agricoli (fertilizzanti, diserbanti e pesticidi) con numerosi vantaggi per la pianta, per l’ambiente, per gli operatori e per i consumatori, come una moderna agricoltura integrata prevedrebbe. Il microbioma di una pianta e’ influenzato dal suolo, dalle condizioni climatiche e dai trattamenti a cui la coltura e’ soggetta; per questo la “regionalita” delle indagini e’ un carattere fondamentale. In SUSGRAPE ci concentreremo su due malattie fungine (peronospera e oidio) molto diffuse e presenti anche in Regione. Attualmente queste sono trattate con fungicidi ricchi in rame e zolfo: l’impatto ambientale di questi trattamenti e l’insorgere di funghi resistenti ad essi, rende necessario individuare metodi nuovi per la cura e prevenzione di queste malattie. Verra’ quindi studiata la composizione microbica di piante sane, piante malate e piante sottoposte a diversi trattamenti preventivi ed i risultati verranno correlati con lo stato di salute della pianta, con i trattamenti subiti dalla vegetazione e con le condizioni climatiche occorse e registrate dalle stazioni metereologiche presenti nelle vigne testate. Verra’ valutata l’eventuale presenza e abbondanza del patogeno e la presenza ed abbondanza di altri batteri che potrebbero dimostrarsi suoi competitori o suoi partner nell’infezione. Il risultato di questa indagine genetica verra’ affiancato da un’indagine microbiologica degli stessi campioni volta a selezionare microorganismi capaci di ostacolare lo sviluppo dei due patogeni considerati, Plasmopara viticola e Uncinula necator, e capaci quindi di avere un effetto benefico/protettivo nei confronti della pianta oltre ad avere un alto grado di adattamento alle condizioni presenti in loco. Identificare ed isolare un bioprotettore naturale e gia’ presente in naturada un contesto conosciuto per tipo di coltura, andamento del clima, trattamenti agricoli e gia’ capace di adattarsi e competere con le specie microbiche presenti, puo’ aumentare di molto l’efficenza dell’ eventuale nuovo biopesticida”, ha spiegato la ricercatrice.
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