ILmare e gli oceani hanno un potenziale considerevole per la produzione di energia rinnovabile e in ottica di blue economy. Se l’offshore è un anello della catena per la mitigazione del cambiamento climatico, gli sviluppi infrastrutturali su larga scala nei mari europei sollevano interrogativi scientifici sulla tutela della biodiversità. Soprattutto perché il polmone blu è già sovrasfruttato e degradato. Ecco perché la transizione deve svilupparsi insieme alla protezione degli habitat marini.

Secondo quanto auspicato dalla Commissione europea il settore delle energie rinnovabili marine dovrà crescere di ben cinque volte entro il 2030 e 25 volte entro il 2050 per supportare gli obiettivi del Green deal. Questa strategia punta a tracciare un percorso per sostituire i combustibili fossili con fonti rinnovabili offshore, creando opportunità industriali e posti di lavoro verdi in tutto il continente.

Canale Energia ha approfondito questi temi con il presidente della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, Roberto Danovaro.

Roberto Danovaro
Roberto Danovaro, presidente della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2021-2030 Decennio delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile, dieci anni dedicati alla salvaguardia del polmone blu e della sua salute. Quali sono le principali priorità per mari e oceani e quali i compiti della comunità scientifica per il raggiungimento di tali obiettivi?

Le Nazioni Unite hanno voluto evidenziare lo stato di criticità in cui versa l’ambiente marino. Gli oceani sono sempre più poveri e improduttivi. L’impatto della pesca industriale e dei cambiamenti climatici stanno modificando profondamente il funzionamento del pianeta blu.

Uno dei problemi maggiori attualmente è rappresentato dal degrado di larga parte degli ambienti marini. La questione impegna tutti noi a tre livelli. Il primo è la riduzione degli impatti, sia in termini di scarichi a mare, depurazione e bonifica dei siti inquinati. Il secondo è la protezione dell’ambiente marino, con la creazione e ampliamente delle aree protette. Il terzo elemento è quello del restauro o ripristino degli ambienti marini degradati. La distruzione di habitat prioritari e unici richiede interventi attivi, poiché altrimenti potrebbero essere necessari molti decenni per il loro recupero naturale (resilienza).

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Il Pnrr prevede investimenti importanti per progetti di sostenibilità ambientale per mari e fascia costiera italiani. L’Italia ha davanti a sé importanti traguardi da raggiungere, quali?

Il Pnrr è un fondo che la comunità europea concede al nostro Paese per trasformarlo in meglio, ovvero secondo le indicazioni del Green deal. Abbiamo urgente bisogno della legge Salvamare che ci permetterebbe di gestire e rimuovere, tra l’altro, la spazzatura marina che attualmente non possiamo fare per cui i pescatori che raccolgono reti piene di spazzatura sono costretti a ributtarla a mare (Attualmente la Legge è stata votata alla Camera ed è ora in attesa dell’ultimo passaggio al Senato n.d.r.).

Serve uno sforzo anche per proteggere di più il nostro capitale naturale. Si tratta di un bene comune vilipeso e aggredito da pesca illegale, inquinamento e uso insostenibile delle risorse. Attualmente siamo, di fatto, fermi da un decennio.

In Italia le aree marine protette coprono solo poco più del 5% dei mari italiani. L’obiettivo delle Nazioni Unite, che impegna anche il nostro Paese, è quello di proteggere il 30% dei nostri mari entro il 2030. Un obiettivo certamente difficile da conseguire senza un chiaro cambio di passo.

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Gli obiettivi ambiziosi del Pnrr prevedono che il 90% di habitat marini sia mappato e monitorato entro il 2026 e che il 20% degli habitat marini degradati sia restaurato o tutelato. Come si coniugano tutela della biodiversità marina e spinta verso la transizione energetica?

Non possiamo proteggere e gestire quello che non conosciamo. Il primo passo è la pianificazione dello spazio marittimo con la mappatura degli habitat, sia costieri sia profondi. Questo ci permetterà di individuare anche le aree prioritarie da proteggere per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 e ci permetterà di gestire lo spazio marittimo in modo più sostenibile.

L’altra priorità è il restauro, l’Italia è leader nel restauro ecologico degli ambienti marini ma occorre coinvolgere il settore privato e trasformare i risultati della ricerca in uno strumento di lavoro e di crescita per le nostre imprese. Nel Pnrr sono stati stanziati fondi importanti per il monitoraggio e per il restauro degli ambienti marini. Il terzo elemento chiave in mano al ministero della Transizione ecologica è quello del potenziamento delle energie rinnovabili. Anche in questo caso, il mare rappresenta la più importante risorsa, sia per quanto riguarda l’eolico offshore (impianti eolici galleggianti a largo), la produzione di energia dalle onde o il solare galleggiante.

Tra l’altro i parchi eolici e solari a mare possono diventare aree protette complementari alle aree marine protette (si chiamano tecnicamente Oecm, altre effettive misure di conservazione), contribuendo così al raggiungimento degli obiettivi di protezione dei nostri mari. Si tratta di una opportunità unica da non sprecare per dare al nostro Paese gli strumenti necessari a crescere in modo ecologicamente sostenibile.

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Freelance nel campo della comunicazione, dell’editoria e videomaker, si occupa di temi legati all’innovazione sostenibile, alla tutela ambientale e alla green economy. Ha collaborato e collabora, a vario titolo, con organizzazioni, emittenti televisive, web–magazine, case editrici e riviste. È autore di saggi e pubblicazioni.