Transizione ecologica manca la “maggioranza qualificata”

Case green e glifosato le decisioni che si rimandano

È stata una settimana impegnativa questa tra Italia ed Europa sul tema ambientale. Le decisioni non si prendono o si rimandano. Ne è un caso l’assenza di un accordo sulla Direttiva case green.

sostenibilità crescita verde o acrescita transizione ecologica
Foto di Maklay62 su Pixabay

Case green a che punto sono i lavori

Ieri 12 ottobre il trilogo “open ended” alla fine è “ended” senza arrivare a una decisione finale. Il che era anche utopico, visto l’orario di inizio per una discussione così complessa alle 18.

Nonostante tutto la nottata di incontro non si è conclusa proprio a zero. Si è trattato di un meeting lungo che ha dato risultati. Anzi sembra che ci siano stati progressi e siano stati trovati alcuni punti di incontro su questioni importanti, come riferiscono alcune fonti europee.

La votazione sul glifosato non raggiunge la “maggioranza qualificata”

È andata meno bene su tavoli dove le scelte sembravano essere più semplici. Come vietare l’uso dei glifosfati in agricoltura. Anche qui c’è uno stato di empasse europeo. Greenpeace denuncia come non si sia raggiunta “nessuna maggioranza qualificata“, né a favore né contro il rinnovo all’utilizzo in agricoltura del glifosato, a Bruxelles, nella votazione di oggi 13 ottobre.

Un ulteriore débâcle europea rispetto la necessità di inserire dei paletti definitivi a sostegno di una politica nei fatti attenta all’ambiente.

Il nodo della finanza verde

Tutelare l’ambiente è importante ma sul come farlo le visioni e gli approcci non sono univoci. Secondo il rapporto scientifico AR6 sul clima del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), la finanza gioca un ruolo centrale.

Leggi a questo proposito: Ruolo cruciale della finanza contro la crisi climatica. Il rapporto AR6

L’importante è che non diventi una finanza dell’ambiente senza un futuro reale e concreto nel cambiamento economico e culturale necessario per accelerare la transizione green. Abbiamo diverse strutture, persone, centri studio, esperti e scienziati impegnati su questo a trovare una chiave di volta mentre l’impasse sembra soprattutto politico.

In Italia gli obiettivi di efficienza sembrano allontanarsi

Intanto sulle case green il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto ha ribadito la necessità di rivedere le tempistiche del “caso italiano” e le peculiarità del nostro patrimonio edilizio, mentre a gran voce gli obiettivi europei, sempre più sfidanti, guardano a un abbattimento delle emissioni di CO2 provenienti dagli edifici. Il rischio è che vada come con l’economia circolare dove siamo partiti con il piede giusto per poi perdere terreno quando gli altri paesi capiscono come agire e iniziano a strutturarsi per farlo.

Su questo leggi anche: L’Italia perde il podio in economia circolare

In questo scenario una delle prime cose da fare sarebbe equiparare gli strumenti di validazione della prestazione energetica in edilizia. Cosa che non c’è ad oggi in Europa. Vuol dire che una casa che in Italia sarebbe di classe energetica F o G magari in Francia potrebbe essere considerata di classe D. Non si tratta di poca cosa se ci ricordiamo che l’attuale bozza della Direttiva EPBD mira ad avere case in classe D entro il 2033. Uno scenario che deve guardare anche all’impoverimento della popolazione e alla necessità di essere più competitivi in Europa e nel mondo, i cui confini economici e di business sono sempre più larghi e complessi.

Intanto alcune associazioni ambientaliste WWF, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e Transport&Environment chiedono che anche l’Italia si doti di una legge sul clima.

Una misura che vorrebbe porre nella voce dei suoi interlocutori una maggiore presenza del tema clima nell’Agenda del Governo e che richiede l’istituzione di un Organismo Consultivo Indipendente, con un budget dedicato. Secondo la proposta di legge si tratterebbe di 3 milioni di euro da ciascuna Camera. Insomma finanza anche qui. Certo per cambiare le cose servono anche i fondi necessari, ma verrebbe da chiedersi se davvero non riusciamo a ottimizzare l’esistente tra enti e strutture che oggi abbiamo, e davvero necessitiamo di un’altra realtà che emetta studi e ragionamenti.

Emergenzialismo climatico

Poi in pratica chi deve agire nella transizione energetica? Perché non guardare a tutte le soluzioni che la transizione ecologica mette in campo, nel rispetto della neutralità tecnologica declamata. Penso alla geotermia a bassa entalpia di cui l’Italia dispone e che non è assolutamente spinta. Come ad altre soluzioni dal biocarburante derivato da rifiuti al compostaggio di quartiere. E infine all’importante lavoro sulle reti senza le quali sprechiamo molto di quanto le rinnovabili producono. Tutte azioni che vanno avanti, forse troppo lentamente rispetto le aspettative.

Lo scontro è sempre sul piano economico. Chi aiuta le famiglie a dotarsi di un pozzo geotermico? Chi paga la ristrutturazione delle case per essere efficienti? Bastano le detrazioni o bisognerebbe guardare con più efficacia alla cessione del credito? Ad oggi questo sembra l’unico mezzo che garantisce pari opportunità di un processo di transizione accessibile a tutti. Senza contare gli effetti devastanti del nimby che dalla geotermia, al gas, alle rinnovabili. Riguarda tutte le fonti energetiche.

Sembra che l’unica soluzione praticabile ad oggi con successo in Italia siano le targhe alterne. Ci sta che così cresca l’emergenzialismo e ci si senta sempre meno parte di un processo, come sottolinea in un tweet la presidente degli Amici della Terra Monica Tommasi. Da qui il passaggio dall’attivismo all’ecoansia è un attimo.


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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.