“Quadro desolante” sullo storage, errori e ritardi sul fronte auto elettrica
E’ una fotografia a tinte fosche quella contenuta nello Smart Grid Report messo a punto dal Politecnico di Milano che ha analizzato 13 soluzioni tecnologiche differenti e valutato 14 scenari di utilizzo. Ma andiamo in ordine.
Lo storage. Sui sistemi di accumulo è necessaria una distinzione: ritardo per il lato Power, più avanzato il lato Energy. “Ad oggi, nessuna delle soluzioni per applicazioni ‘in potenza’, può essere considerata completamente sviluppata e in molti casi si trova ancora in una fase di sviluppo laboratoriale”, scrivono i ricercatori. Invece “le applicazioni ‘in energia’ vedono alcune tra le tecnologie più mature”. Per questo “i maggiori interessi degli operatori paiono concentrarsi sulle soluzioni ‘trasversali’ che si trovano in una fase di sviluppo intermedia”. Tra gli scenari di utilizzo analizzati, “il quadro emerso è decisamente desolante. Solo in due casi, entrambi riferiti al gestore di rete di distribuzione, si riconoscono scenari caratterizzati da un tasso interno di rendimento positivo e superiore alla ‘soglia’ attesa, tuttavia entrambi non ammissibili nel quadro normativo-regolatorio vigente” .
Il mercato degli accumuli. “Il gap da colmare per rendere queste tecnologie profittevoli risulta ancora decisamente elevato e pur tuttavia gli operatori sono confidenti nel fatto che si possano ottenere in un tempo relativamente breve significativi progressi tecnologici e di costo”. A ‘motivare’ gli operatori potrebbero essere le interessanti potenzialità del mercato italiano. Le stime parlano di installazioni per più di 7 GWh di energia per investimenti di quasi 10 miliardi di euro nei prossimi 7 anni. Quote ancor più interessanti se si prende in considerazione che la gran parte del potenziale è associato a soggetti non regolati: 39% ai prosumer, il 28% alle micro-grid e il 22% agli impianti rinnovabili. Un potenziale ancora più alto se si prendono in considerazione la possibilità di installare sistemi di accumulo presso impianti esistenti. In questo caso le stime salirebbero a quasi 28 miliardi di euro. Cifre che potrebbero innescare dinamiche occupazioni intorno alle 15-20.000 unità a regime nel 2020, assorbendo così il calo degli occupati nel settore delle rinnovabili.
Le misure da prendere. Ma come superare una situazione di empasse come l’attuale? “Non sarebbe scandaloso considerare l’opportunità, in un breve orizzonte temporale di 3-4 anni, di introdurre sistemi di incentivazione mirati”, suggerisce il Politecnico di Milano.
Capitolo auto elettrica. Il boom da qualcuno atteso non si è visto. L’anno scorso le immatricolazioni di veicoli puramente elettrici si sono fermate a 524, lo 0,04% del totale. Anche il 2013 è iniziato senza particolari scossoni. Le auto elettriche in circolazione nel nostro Paese si sono fermate all’1-2% del totale. A frenare il mercato è stato il ritardo nel mettere in campo un piano incentivante che, una volta arrivato, non si è dimostrato idoneo. Secondo i ricercatori, aver deciso di destinare gli aiuti statali ai veicoli non inquinanti in generale non ha giovato al segmento elettrico. “Appare opportuno – si sottolinea nel report – rivedere l’architettura del meccanismo incentivante in particolare dedicando un budget più ampio esclusivamente ai veicoli elettrici”. Su 4,5 milioni di euro destinati a tutte le categorie di acquirenti, infatti, solo 1,5 era destinato esclusivamente alle EV”.
Le infrastrutture. Il secondo freno alla penetrazione della mobilità elettrica è la carenza di infrastrutture di ricarica che “appare diffondersi con una certa lentezza sul territorio nazionale” mentre “rappresenta una condicio sine qua non per la diffusione su ampia scala”. Ad oggi si contano poco meno di 460 punti di ricarica nel nostro Paese, per lo più concentrati a Firenze, Roma e Milano, le aree dove si vedono più veicoli elettrici. Per questo motivo, il Piano Nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici “appare ormai non più a lungo procrastinabile”.
Le idee per la ricarica. Oltre ai sistemi più ‘classici’, non sono mancate innovazioni sul terreto del recharging. Uno di questi è il battery swapping, che consiste nel cambiare la batteria scarica con una carica, invece che fermarsi per il ‘rifornimento’. Un metodo ideato e messo in campo da una società israeliana, la Better Place, recentemente fallita. “Nonostante questo, il concept di ricarica potrebbe essere interessante per quei soggetti (compagnie di autonoleggio, car sharing e taxi) che potrebbero sfruttare la piccola scala per effettuare delle installazioni di dimensioni limitate, in termini di numerosità delle stazioni di sostituzione di batterie presenti in ciascuna stazione”.
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