“Nel corso degli anni abbiamo capito che parlare delle singole tecnologie non aiuta, ma bisogna adottare una visione di lavoro più integrata. Questo senza dimenticarci dell’importanza rivestita dall’efficienza energetica in ottica smart city, della diagnosi, della verifica e del monitoraggio dei flussi”. Marcello Capra, Delegato SET – Plan europeo, Ministero Sviluppo Economico, fa il punto allo Smart Grid International Forum, evento svoltosi a Roma il 14 aprile nella cornice del Centro Congressi Palazzo Trevi e diventato momento di dialogo tra industrie, associazioni, enti di ricerca, multiutility e comuni.
Giunta alla sua terza edizione, la manifestazione ha consentito di determinare conquiste e sconfitte che, in 10 anni, hanno segnato il settore energetico e di proporre soluzioni innovative per puntare, in maniera coordinata, alla realizzazione della cosiddetta ‘città intelligente’.
Con l’apertura di Paola Saluzzi, Sky TG24, l’evento ha subito assunto i connotati del dibattito “Per una piena integrazione dei sistemi e una completa apertura tecnologica al pubblico, le azioni dei sindaci e dell’amministrazione sono fondamentali. Nel condominio europeo, l’Italia deve diventare un esempio per gli altri stati comunitari”. Una collaborazione che non deve toccare solo le istituzioni, come affermato da Michele De Nigris, Ricerca sul Sistema Energetico, “Per favorire una piena compenetrazione tecnologica e garantire la massima flessibilità della rete elettrica gli attori protagonisti devono adottare lo stesso linguaggio. Solo operando con un medesima piattaforma sarà possibile avere una risposta positiva dalla general overview”.
Ed è nel talk show “Architetture, sistemi e standard: continenti a confronto” che i relatori iniziano a parlare la stessa lingua raccontando le differenti sfide affrontate nei rispettivi Paesi. Mentre in Europa si è voluto raggiungere il bilanciamento energetico, come spiegato da Laurent Schmitt, rappresentante dello Smart Grid Coordination Group, nel continente asiatico, come sottolineato dall’India Smart Grid Forum con Kumar Raghavan Pillai Reji, “le soluzioni smart sono strategiche per garantire la continuità di rete per tutta la popolazione”.
Parola chiave e filo rosso della giornata, l’interoperabilità fa la sua prima comparsa nel confronto tra le vision aziendali di Enel e Terna. Jon Stromsather di Enel espone i quattro pilastri della smart grid (standardizzazione e interoperabilità, coinvolgimento del cliente, quadro normativo strutturato e strumenti di investimento forti) da correlare ad una capillare diffusione delle infrastrutture smart e della banda larga. Enrico Maria Carlini di Terna, di rimando, sottolinea come “investire sulla rete quale asset strategico sia fondamentale, soprattutto alla luce delle nuove sfide poste dalla generazione distribuita. Migliorare l’integrazione delle rinnovabili all’interno delle reti di alta/altissima tensione è il nostro prossimo obiettivo. Difatti, in linea con gli standard europei, stiamo lavorando per stabilire quale sia il parametro di inerzia necessario per una rete che garantisca la stabilità minima necessaria al corretto funzionamento. In questo, storage e sistemi di bilanciamento come gli inverter sono fondamentali”.
Microgrid ed efficiency building, invece, le colonne portanti dei lavori pomeridiani. Giorgio Graditi di Enea, moderatore della sessione “Microgrid: la gestione delle risorse in un sistema autonomo” lancia subito una proposta: “occorre creare un piano nazionale di settore per le microgrid energetiche e passare da progetti pilota a quelli su larga scala”. Da Giuliano Monizza, Confindustria Anie – Anie Energia, immediata la risposta: “Parliamo di smart grid o microgrid? Se ora ci fermassimo a riflettere e ci chiedessimo se abbiamo inventato abbastanza per realizzarle, la risposta sarebbe sicuramente positiva. Il problema di fondo è far sapere al mercato cosa sappiamo fare”. Ma come finanziare le microgrid? Con alcune ipotesi innovative di finanziamento che ha presentato Alessandro Mele di Ad Majora. E perché fermarsi al concetto di microgrid quando possediamo l’accezione innovativa di “smart grid molecolare” che, come spiegato da Giovanni Simoni di Kenergia, considera il ruolo chiave di una rete come “molecola intelligente” implementata dai singoli prosumer.
La parallela “Smart Efficiency building”, scandita da Tullio Fanelli di Enea, si è aperta con numeri e risultati: “Secondo i dati presentati oggi, l’installazione di dispositivi smart consente di risparmiare fino al 15% sulla bolletta di un utente domestico -circa 75 euro l’anno-. Dobbiamo chiederci se questo sia un incentivo sufficiente a motivare i consumatori; qui entrano in gioco i valori aggiunti dei sistemi intelligenti: la sicurezza fisica, la privacy e la possibilità d’installare postazioni di telelavoro”. Da Stefano Bianchi di Anie Building un’ulteriore riflessione “oggi diventa possibile pensare al videocitofono come un’interfaccia per il controllo dei device installati in un’abitazione che favorisca il dialogo con la rete esterna”. E mentre Romano Stasi di AbiLab dipinge un panorama in evoluzione in grado di superare i vincoli che finora hanno rallentato la capacità delle banche di finanziare i progetti di efficienza, Mauro Brolis di Finlombarda richiama il concetto di interoperabilità: “Le fondamenta dello smart building sono fatte di conoscenza aperta al confronto; per questo crediamo fortemente negli open data associati a una business intelligence e al confronto paritetico con l’industria”.
In chiusura la tavola rotonda “Smart city: come andare verso un cittadino smart” ha attraversato lo Stivale con Maurizio Bernardi, sindaco di Castelnuovo del Garda, Tommaso Sodano, vicesindaco di Napoli e Antonio Lumicisi, Fondazione Ambiente Pulito. Qui si è potuto mettere a confronto due esperienze: mentre un polo urbano di piccole dimensioni – Castelnuovo del Garda – ha registrato i vantaggi derivanti dal Patto dei sindaci che, privo di strumenti di sanzione, ha consentito di muoversi soprattutto nel rifacimento della struttura comunale, dal comune di Napoli esplode la voglia di non voler imitare nessuna realtà, locale o estera, e, non pienamente soddisfatta del lavoro fatto, di proporsi come un “esempio per tutto il Mediterraneo”. Con la visione organica di Lumicisi si chiude il cerchio: “ho assistito da subito alla difficoltà dei comuni di affrontare il PAES: la differenza tra un PAES buono e cattivo sta nel grado di partecipazione di tutti gli stakeholders. Ad esempio Napoli ha realizzato un PAES di lettura chiara e veloce, non posso dire lo stesso di quello di Roma”.
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