Il 2018 si sta configurando come un anno caratterizzato da un “leggero miglioramento” per quanto riguarda lo sviluppo dell’ecosistema scale up italiano. Se si prendono in considerazione infatti i primi 6 mesi dell’anno emerge in particolare come gli investimenti abbiano raggiunto i 335 milioni di dollari e come, nello stesso periodo, siano nate 23 nuove scaleup, oltre la metà di quelle monitorate in tutto il 2017. Tuttavia nonostante questi numeri il divario con i maggiori ecosistemi europei risulta ancora troppo ampio, evidenziando l’urgenza di significativi investimenti in ambito innovazione.
E’ la fotografia scattata dal report nuovo Report “Tech Scaleup Italy” realizzato da Mind the Bridge in collaborazione con AGI e che sarà presentato oggi in anteprima nell’ambito della giornata inaugurale dell’EY Capri Digital Summit, moderata dal Direttore di AGI Riccardo Luna.
Investire più capitali in società ho-tech
“L’Italia deve investire più capitali in società hi-tech per ridurre il divario con gli altri paesi europei – commenta in una nota Alberto Onetti, Chairman Mind the Bridge e Coordinatore SEP – l’attuale ecosistema dell’innovazione in Italia non rispecchia affatto il potenziale effettivo del paese, considerate le dimensioni della sua economia, come si evince dalla Scaleup Europe Matrix da noi elaborata. A febbraio, prima delle elezioni, avevamo raccomandato al neo governo eletto di lanciare una sorta di piano Marshall per l’innovazione in Italia, con l’iniezione di 2 miliardi di euro volti a spingere e a catalizzare maggiori investimenti privati. Questa era e resta l’unica strada per cercare di ridurre l’enorme divario che separa l’Italia dai principali paesi europei che sono a loro volta in ritardo sugli Stati Uniti e sul Regno Unito. Ora l’Italia ha un nuovo governo. La raccomandazione è ancora valida. Stare fermi non è un’opzione”.
Criticità
Tra i motivi che concorrono a delineare un quadro di questo tipo ci sono la “giovane età dell’ecosistema del Bel paese” e le “tempistiche legate all’accesso ai capitali da parte delle startup“, ancora molto lunghe. “Le scaleup italiane – si legge in nota – richiedono infatti più tempo per accedere a finanziamenti significativi il cui canale principale risulta essere ancora il Venture Capital (88% dei fondi, pari a $1,150M). Le IPO hanno pesato solo per l’11%, le ICO per l’1%. Il 20% dei finanziamenti alle startup italiane arriva dagli Stati Uniti, che si conferma il principale investitore extra-europeo. ll Regno Unito pesa per l’11%”.
Italia, un paese di piccole scaleup
“L’Italia è ancora un paese di piccole imprese e di piccole scaleup, come dimostrano i dati del Report – sottolinea Riccardo Luna, Direttore AGI – E questa mancata concentrazione di risorse caratterizza non soltanto lo sviluppo di queste aziende ma anche la loro presenza sul territorio, distribuita su tanti piccoli hub minori oltre a Milano e Roma, cui fanno riferimento il 55% delle scaleup italiane. Nell’odierno monopolio digitale, è quindi necessario che queste aziende non siano lasciate sole. È giunto il momento che finisca l’era delle chiacchiere e si apra quella dei fatti”.
le Scaleup in italia
In Italia il numero di scale up si attesta intorno a un valore che supera le 200 unità, comprese le ultime arrivate del primo semestre 2018. La densità è di 0,3 scaleup ogni 100.000 persone e l’indice di investimento medio è pari allo 0,07%. Numeri che collocano il paese all’8° posto nella classifica europea.
“In Europa il bicchiere è mezzo pieno – aggiunge in nota Isidro Laso Ballesteros, Head of Startup Europe, Commissione Europea – Gli ecosistemi startup iniziano finalmente a connettersi tra loro e ciò contribuisce in modo significativo a sostenere la crescita delle startup. Ma si può fare di più senza rinnegare la nostra base comune: il nostro vantaggio competitivo deve essere quello di essere uniti nella diversità”.
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