Per la seconda volta che il mondo dice sì all’Accordo di Parigi sul clima. Per la seconda volta il mondo non trova la chiave operativa per tradurre questo accordo in impegni concreti. Slitta a novembre 2019, data della prossima Conferenza internazionale sul clima indetta dall’ONU che si terrà in Cile, l’assunzione di un “chiaro impegno a migliorare le azioni da intraprendere contro i cambiamenti climatici”, ha commentato in una nota stampa Greenpeace Italia. Nonostante, ha proseguito l’associazione ambientalista, “solo due mesi fa l’IPCC abbia lanciato un chiaro allarme, affermando che restano a disposizione solo dodici anni per salvare il clima del Pianeta”.
Le 100 pagine del Libro delle Regole, frutto di due settimane di confronto a Katowice tra i 23.000 delegati di 196 Paesi, che si sono chiuse con 24 ore di ritardo alle 22.20 di sabato 15 dicembre, rafforzano gli impegni assunti tre anni fa a Parigi, affinché diventi pienamente esecutivo tra due anni, ma lasciano irrisolte diverse questioni.
A preoccupare maggiormente è il nodo degli Indc-Intended nationally determined contributions: non è stata fatta chiarezza sulle cosiddette promesse fatte alla Cop21 di Parigi circa la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Anche la decisione sulla contabilizzazione del mercato mondiale delle emissioni, deterrente economico che costringerebbe a pagare per le emissioni, è ancora poco chiaro. L’idea è che per ogni paese un’autorità nazionale o sovranazionale stabilisca una quantità massima di CO2 da immettere in atmosfera: se l’obbligo viene rispettato si ricevono dei crediti, se superato il Paese deve acquistare i crediti da altri più virtuosi. Il Brasile pare abbia provato a cambiare le modalità di calcolo dei “crediti di carbone” per trarne maggiore vantaggio.
Il Rulebook non affronta i temi della sicurezza alimentare, dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere. “Benché 128 milioni di dollari siano stati promessi per il Fondo d’adattamento, le regole decise sono troppo poco stringenti per garantire che tali stanziamenti siano reali”, ha commentato in una nota Fanny Petitbon della ong Care.
L’approvazione del documento, dunque, rappresenta “la base per un processo di trasformazione che richiederà un’ambizione rafforzata dalla comunità internazionale”, ha affermato in un comunicato stampa Antonio Guterres Segretario delle Nazioni Unite. “Sono stati compiuti importanti progressi, ma ciò a cui abbiamo assistito in Polonia rivela una fondamentale mancanza di comprensione della nostra attuale crisi climatica da parte di alcuni Paesi” ha rimarcato in una nota Manuel Pulgar-Vidal, Leader internazionale Clima ed Energia del WWF.
Resta da capire come verranno trasferiti i 100 miliardi di dollari dai paesi ricchi a quelli in via di sviluppo, annunciati alla COP15 di Copenhagen e messi a disposizione dalla Banca Mondiale, e come sarà concordato l‘obiettivo finanziario globale post 2025. L’auspicio è che l’intesa sulle regole per meccanismi di mercato volontario sarà raggiunta alla Cop25 di Santiago del Cile.
Da evidenziare che nel Rulebook vengano stabilite molte regole per gestire la trasparenza e la contabilità sui progressi climatici dei paesi. Attraverso la High Ambition Coalition, fondata mercoledì sera da Isole Marshall, Fiji, Etiopia, Unione Europea (inclusa l’Italia), Norvegia, Regno Unito, Canada, Germania, Nuova Zelanda, Messico e Colombia, si punta a rendere più ambiziosi i piani su clima ed energia del 2020 dei singoli paesi.
Dalla Polonia, patria del carbone, in cui l’80% dell’elettricità è prodotta da fonti fossili, il dibattito si sposta per il momento in Costa Rica dove, a settembre 2019, è fissata una pre-Conferenza in cui sarà chiesto agli Stati coinvolti di dimostrare quali azioni sono state messe in atto nell’arco dell’anno per frenare il riscaldamento globale.
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