“Oggi vediamo una proliferazione quasi incontrollata di dati ma è arrivato il momento di trovare una sintesi dal punto di vista della generazione, interrogandosi sul modo migliore di utilizzare queste risorse”.
L’analisi è stata fatta da Marco Picone, project manager di Ispra per il progetto Whow (Water Health Open knoWledge), nel corso del convegno “La rivoluzione silenziosa dell’acqua” organizzato venerdì a Roma nella sede del Cnr (qui il video completo dell’evento).
Il progetto Whow
Individuare le relazioni che intercorrono tra lo sfruttamento delle risorse idriche e la diffusione delle malattie attraverso una piattaforma europea capace di collegare dati ambientali e sanitari.
Questo l’obiettivo del progetto Whow presentato venerdì. L’iniziativa è nata nel 2020 e si chiuderà ad agosto di quest’anno grazie al lavoro di Ispra, Cnr Istc, Celeris (società di servizi e consulenza) e Aria (azienda per l’innovazione e gli acquisti della Regione Lombardia).
Come illustrato da Carmen Ciciriello di Celeris, coordinatrice del progetto Whow, l’intento è stato “accrescere la comprensione delle dinamiche relative ad acque e impatto sulla salute attraverso un ‘grafo della conoscenza’ che collega dati armonizzati secondo modelli condivisi”.
Inoltre, attraverso il “Whow tool” sviluppare “servizi innovativi con il riutilizzo dei dati disponibili come ‘linked open data’ e supportare l’implementazione di normative e policy”.
Sono stati tre, in particolare, i casi d’uso affrontati dai referenti dell’iniziativa: “Esposizione umana a inquinanti chimici e biologici nelle acque marine; qualità dell’acqua e consumo umano; eventi estremi” come siccità e allagamenti, secondo quanto illustrato dall’esperta di Celeris.
La riflessione sul valore dei dati
I tre concetti fondamentali del convegno di Roma e del progetto sono stati acqua, salute e dati. L’evento, dunque, ha offerto una panoramica sulle possibilità di interazione tra questi tre mondi e, tra i molti aspetti, sul ruolo che oggi hanno i dati nella nostra società.
Secondo Andrea Giovanni Nuzzolese dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione Cnr, ad esempio, gli open data, nati per essere liberamente utilizzabili da tutti, sono oggi considerati “una risorsa essenziale per trasparenza, controllo democratico, partecipazione e crescita economica”.
Ci sono, dunque, “benefici diretti e indiretti dalla produzione di open data per i cittadini” ma “bisogna interrogarsi su come vengono generati”.
Nello specifico, secondo Nuzzolese, i linguaggi e i formati in cui questi dati possono essere fruiti sono “moltissimi nel mondo” e, dunque, “questa eterogeneità mette il cittadino in difficoltà nell’accesso e nell’uso dei dati aperti”.
Esiste una varietà di tipi, formati e semantica associata ai dati e “comprendere tutto ciò non è affatto semplice”. Inoltre, “una grande quantità di dati produce big data ed estrarre conoscenza da essi è complesso poiché non è facile capire cosa è utile per risolvere uno specifico problema e cosa no”. Dunque, s’interroga Nuzzolese, al di fuori degli addetti ai lavori, “c’è qualcuno che può beneficiare semplicemente degli open data per risolvere i suoi problemi?”.
Chi è attivo nell’estrarre valore dai dati è la Regione Lombardia attraverso la sua azienda Aria. Su cosa si possa fare concretamente è intervenuto Marco Panebianco, responsabile unità data architecture ed ecosistemi digitali della società: “I dati si possono trasformare in energia informativa capace di produrre lavoro e servizi, generando nuovo valore per cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione”.
Regione Lombardia oggi ha diversi canali di valorizzazione dei dati: “Geoportale regionale, Open data Lombardia, E015 digital ecosistem, Api Lombardia per l’interoperabilità delle P.A. e Daas (rivolto agli enti di ricerca, soprattutto nel mondo della sanità). Questo è il patrimonio informativo digitale di Regione Lombardia” messo a disposizione di tutti i possibili fruitori.
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