Roma e Milano si contendono un’organizzazione che potrebbe lanciarle al vertice delle smart city. Ma ci sono alcuni nodi da sciogliere: infrastrutture e costi. Il nuovo numero di e7
Tre scadenze fondamentali: il 2015 con la candidatura, il 2017 con l’assegnazione, il 2024 con i Giochi. Sono queste le tappe che dovrebbero avvicinare e concretizzare il sogno olimpico italiano, immaginato e conteso dalle città di Roma e Milano. La nuova partita da giocare è per il 2024, e sono già iniziate le discussioni tra favorevoli e contrari. Una sfida che corre sul filo dell’economia, ma anche delle prospettive di sviluppo infrastrutturale e tecnologico per il Paese.
Caratteristica delle ultime edizioni, infatti, è stato il forte impulso dato alle città ospitanti in termini di sostenibilità ambientale e innovazione, sottese al modello della smart city. Se ne parla su e7, il settimanale di QE, alla nuova uscita con alcuni approfondimenti.
Se quello della sostenibilità è un principio dichiarato (è del 1999 l’approvazione dell’Agenda 21 che individua in questo elemento uno dei pilastri delle Olimpiadi), quello dell’innovazione tecnologica è del resto ormai un elemento imprescindibile per chi si propone di ospitare un evento dal richiamo internazionale e dai numeri impressionanti, con conseguenti sfide per mobilità, trasporti, logistica, ambiente, sicurezza etc.
Basti pensare a quanto sta avvenendo in Brasile per l’appuntamento olimpico e con il mondiale di calcio, dove non solo le strutture sportive, ma interi quartieri e città stanno conoscendo un’evoluzione mai incontrata prima. Guardando indietro, invece, i casi di Pechino 2006 e Londra 2012 rappresentano un valido esempio di come l’organizzazione dei grandi eventi sportivi ha inciso sull’applicazione di avanzatissime soluzioni per l’efficienza energetica, lo smart lighting e la mobilità alternativa.
“Occorre fare un’attentissima valutazione sui costi e i benefici reali di questa prospettiva, poiché l’esperienza ci insegna – pensando anche a Torino 2006 – che non sempre le previsioni si confermano. Quando Monti decise di intervenire sul tema non fece una follia, ma semplicemente operò una valutazione. Detto ciò, al 2024 avremo una disponibilità infrastrutturale nel settore sportivo sicuramente da aggiornare e questo sarà un primo capitolo di investimento. In secondo luogo, la gestione degli arrivi e quindi lo sviluppo di strutture ricettive. Un tema, questo, che con l’Expo 2015 è già stato affrontato, così come per la logistica delle merci”, commenta Andrea Gilardoni (Bocconi), già assessore alla Mobilità e ai Trasporti della Regione Lombardia, “Non ci possono essere eccessi di entusiasmo per un evento che si terrà tra undici anni che per forza di cose va contestualizzato nella situazione economica attuale. Certo, in questo ampio lasso di tempo è auspicabile che lo scenario migliori, ma si consideri anche che adesso l’apertura di un comitato di candidatura ha un costo compreso tra i 40 e i 70 milioni di euro. Nei prossimi due anni non si prevedono grandissime evoluzioni economiche, data la sostanziale stagnazione. Quindi, siamo nel momento peggiore per presentare un progetto come questo, a meno che non ci siano prima dei segnali di crescita reali”.
Questa la lettura economica della candidatura italiana da parte del direttore di Sport Economy, Marcel Vulpis, che ricorda: “Tra i rivali per il 2024 ci sarà Parigi, che ospiterà anche l’europeo di calcio del 2016. Un rivale che ha delle condizioni di partenza migliori delle nostre. Occorre valutare se vale la pena impegnarsi economicamente già per circa 70 milioni, sapendo della presenza di rivali così forti (considerando anche che probabilmente l’assegnazione andrà a una città europea, quindi potrebbero candidarsi altre realtà come Berlino), quando ci sono altre urgenze nel Paese”. “La candidatura 2020 fu bocciata dall’allora premier Monti, quando ci si trovava in una situazione economica non certo migliore di quella attuale; esperienza che ci ha lasciato già un buco di un milione di euro”, conclude.
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