10 milioni di euro i danni annuali agli asset strategici solo in Italia. Questi i costi dell’impatto del cambiamento climatico che ricadrebbero non solo sull’industria, ma anche su persone e ambiente. “Avanzando inerzialmente al 2050, ci troveremmo in una situazione molto lontana dal net zero” sottolinea Roberto Prioreschi, SEMEA regional managing partner Bain & Company nel corso della seconda edizione dell’ESG CEO Forum di Bain & Company Italia che si sta svolgendo a Roma oggi 27 ottobre.
Un quadro che non si può ignorare e che richiede “un approccio pragmatico che guarda agli obiettivi non ai mezzi” come asserisce Federico Boschi, capo dipartimento Energia, Ministero Ambiente Sicurezza Energetica, MASE. In quest’ottica Boschi sottolinea il ruolo di tecnologie relativamente recenti o poco amate. Un esempio per tutti la CCS, per cui bisogna lavorare alla normazione,così da renderla attuabile nel quadro globale italiano ed europeo.
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Il punto sulla decarbonizzazione guardando all’Italia
“Trasporto, energia e real estate sono i settori che più impattano su questo scenario. Su questo c’è anche un tema di risorse per avviare queste azioni” rimarca Pierluigi Serlenga, managing partner Bain & Company. “Ma anche se queste risorse ci fossero non raggiungeremmo i target al 2050 del net zero“.
L’indagine realizzata da Bain & Company emerge come l’aspettativa del net zero si potrebbe raggiungere spostandosi 7 anni più avanti e applicando un investimento di 2.5 in più rispetto agli attuali. Secondo lo studio questo accade per tre elementi critici:
- Gli obiettivi ambiziosi e difficilmente raggiungibili posti dalla UE determinati senza un piano di attuazione di medio lungo periodo e di carattere più ideologico che pratico.
- L’attuale gap tecnologico
- Elementi collegati alla supply chain che sono emersi ancora più critici dal post covid e che ha comportato cambiamenti della forza lavoro.
“In questa logica abbiamo individuato otto azioni che si possono mettere in atto per attenuare questo gap” spiega Prioreschi. Si tratta di azioni “che riguardano sia il settore pubblico che privato”.
L’equilibrio tra obiettivi net zero, tecnologie e mezzi
“Si è partiti nel definire questi obiettivi così sfidanti, ma per l’urgenza di raggiungerli non ci si è preoccupati troppo di renderli disponibili alle imprese, garantendo anche una piena occupazione” conferma Boschi. “La mancanza di questi strumenti e la rigidità, sopratutto a livello europeo, di approccio. Penso agli aiuti di Stato” sottolinea. “Anche quella del consentire alle imprese di avere accesso all’energia a prezzi meno proibitivi”.
Altro tema affrontare il cambiamento in corso sul passaggio dal Carbon likage all’ETS e Cross border adjustement mechanism, la tassazione per produzione di decarbonizzazione pone un rischio “perché solo in ingresso non in uscita e non se ne vede la applicazione sui prodotti finiti di consumo“ spiega Boschi. Vorrebbe dire che si potrebbe incentivare “l’importazione per prodotti finiti”.
Necessario quindi il lavoro del Governo, come illustra Boschi, di lavorare per superare dei vincoli normativi alla crescita e sviluppo delle nuove tecnologie e delle infrastrutture sostanziali per sostenerne l’efficacia. Quindi via libera ad idrogeno verde magari pensandolo come il gas del futuro che attraverserà gli attuali gasdotti. Al biogas, all’eolico off-shore. Il tutto in un approccio olistico che utilizzi lo strumento più efficace, nel luogo ad esso più idoneo.
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