Non solo energia, la transizione green guarda anche alla parità di genere

Il giorno della festa della donna è tempo di bilanci. Vediamo come promuovere la parità di genere all'interno della propria azienda e che vantaggi ne conseguono. Ne parliamo con Massimo Cassinari, responsabile Sistemi di Gestione ICMQ.

  • 8 marzo si festeggia la donna, oltre a festeggiarla un giorno l’anno sarebbe bello che la parità ci fosse davvero.
  • Vediamo se nel mondo dell’energia è così e che vantaggi ci sono per le aziende che certificano l’avvenuta parità

 

parità di genere
Foto di Gordon Johnson da Pixabay

8 marzo festa della donna, ma anche momento di bilanci su quanto sia effettiva la parità di genere. Mentre le violenze sulle donne non sono in diminuzione, soprattutto quelle domestiche, un’altra cartina di tornasole è rappresentata dalle condizioni lavorative.

In Italia per la prima volta abbiamo un presidente del Consiglio donna, Giorgia Meloni eletta con le ultime votazioni nel 2021. Un elemento forse anticipato da una presidente donna per la Commissione Europa, Ursula von der Leyen eletta nel 2019. Per quanto vediamo sempre più donne in ruoli apicali, o quasi, anche nella politica internazionale, pensiamo alla vicepresidente degli USA Kamala Harris che ha visto l’inizio del mandato nel 2021 i dati europei sulla crescita di donne nei poteri decisionali sono ancora bassi.

Cosa sta accadendo nelle imprese soprattutto vista la transizione ecologica in corso. Oltre a cambiare l’idea di economia e di fonti energetiche ammissibili nei paesi occidentali si stanno anche sovvertendo vecchi stereotipi che riguardano il mondo femminile?

I dati sulla parità di genere in Europa e in Italia

gender gap europa
L’indice sulla parità di genere in Europa. Dato totale e suddiviso per categorie. Fonte European Institute for Gender Equality

Guardiamo ai dati. L’European Institute for Gender Equality, assegna all’UE e agli Stati membri un punteggio da 1 a 100 in cui 100 sta per “piena parità tra donne e uomini”. Nel 2022 questo indice ha assegnato il punteggio più alto a Svezia e Danimarca con, rispettivamente, di 83,9 e 77,8 su 100. Nell’indagine l’Italia con il suo 65/100 risulta essere al quattordicesimo posto sui ventisette paesi UE e al 63esimo posto nel mondo. Un dato al di sotto anche della media UE che è 68,6.

Valore che scende ulteriormente a 56,9/100 se guardiamo alla copertura di ruoli decisionali rilevanti. Un elemento che ci accumuna ai trend europei in realtà, poiché, su questo aspetto anche il valore europeo scende a 57,2: comunque sempre superiore alla percentuale italiana. Un tema quello della parità di genere che non manca anche tra i tasselli della transizione ecologica, non a caso è uno degli obiettivi della Agenda 2030. Irena sta svolgendo un monitoraggio specifico riguardo al comparto delle rinnovabili, da cui emerge un trend più ottimistico. Dal rapporto del 2022 emerge come il settore delle energie rinnovabili impieghi una quota media di donne del 32%, rispetto al 22% del settore oil and gas.

Cambia lo scenario se guardiamo ai ruoli ricoperti dalle donne nei diversi comparti. Come sempre sono poche le posizioni apicali, mentre molti sono gli impieghi manageriali.

L’indagine evidenzia anche quali siano gli ostacoli più importanti rilevati. Tra questi emergono: la percezione dei ruoli di genere, la mancanza di politiche eque e trasparenti, nonché le norme culturali e sociali che modellano il comportamento.

Come promuovere la parità di genere

Non tutte le aziende sono uguali ed è possibile che in una indagine statistica ci sia un’azienda che ha una percentuale più alta di donne impiegate rispetto a un’altra.

Come fare a dimostrare in modo oggettivo di essere un’azienda che ha un’anima gender equal?

In Italia esiste un sistema nazionale di certificazione accreditata per la Parità di genere messa disposizione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Su questo sito è possibile conoscere il sistema nazionale di certificazione accreditata per la Parità di genere e venire a conoscenza di eventuali avvisi per le misure di supporto alle piccole e medie imprese e microimprese.

Come ottenere certificazione parità di genere

La Legge 162 del 5/11/2021, recante modifiche al Codice delle Pari opportunità tra uomo e donna, introduce in Italia la certificazione della parità di genere. Con essa arriva l’obbligo, per le aziende pubbliche e private con un numero di dipendenti superiore a 50, di redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni. Il rapporto devono essere indicati i dati relativi alle assunzioni, alla formazione, alla promozione professionale, ai livelli, ai passaggi di categoria o di qualifica, alla mobilità, all’eventuale intervento della Cassa integrazione guadagni, ai licenziamenti, prepensionamenti e pensionamenti, e alla retribuzione effettivamente corrisposta.

Il Governo ha previsto l’adozione di una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, documento programmatico attraverso il quale l’Italia si propone di raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere, elaborato proprio dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE).

La Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 definisce un sistema di azioni politiche integrate nell’ambito delle quali sono adottate iniziative concrete, definite e misurabili.

Per sostenere tale obiettivo, il PNRR ha previsto dei fondi per la nascita di nuove realtà di imprenditoria femminile e per l’introduzione di un sistema nazionale di certificazione che favorisca la riduzione del gap di genere e incentivi l’adozione di politiche gestionali adeguate.

Il riferimento per la certificazione è la prassi di riferimento UNI PdR 125 che definisce le linee guida sul
Sistema di Gestione per la parità di genere.

Ma come vi si accede e quale impegno comporta per le aziende che una volta avviato il meccanismo di valutazione si dovessero rendersi conto di non essere ancora adeguatamente paritarie? È previsto un percorso di miglioramento?

Canale Energia lo ha chiesto a Massimo Cassinari, responsabile Sistemi di Gestione ICMQ.

Quali sono i parametri che prende in considerazione la certificazione?

Rispetto alle “classiche” certificazioni di sistema di gestione (qualità, ambiente, salute e sicurezza sul lavoro ecc.), la nuova certificazione per la parità di genere prevede la strutturazione e adozione di un insieme di indicatori prestazionali (KPI) inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni.
I KPI, che fotografano la situazione dell’organizzazione in riferimento alle pari opportunità, sono complessivamente 34 e sono divisi in 6 macro aree:

  1. cultura e strategia;
  2. governance;
  3. processi HR;
  4. opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda;
  5. equità remunerativa per genere;
  6. tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

A ciascun indicatore è associato un obiettivo; nella maggior parte dei casi si tratta di obiettivi/indicatori di tipo qualitativo. Per esempio, l’indicatore 1 della sezione “Cultura e strategia” richiede la “Formalizzazione e implementazione di un piano strategico che possa favorire e sostenere lo sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo e preveda valori aziendali coerenti con una cultura inclusiva”. In situazioni di questo tipo, la valutazione del raggiungimento dell’obiettivo è di tipo sì/no: dunque il Piano Strategico è presente e attuato o non lo è.

In altri casi, l’indicatore è di tipo quantitativo, come per esempio l’obiettivo 3 della sezione “Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda”: “Percentuale di donne nell’organizzazione con qualifica di dirigente”. La valutazione di questo indicatore si esplicita in un valore percentuale, dunque, in questo caso, i criteri per definire se l’obiettivo è raggiunto sono descritti nel dettaglio dalla Prassi di Riferimento per ogni singolo KPI.

Le organizzazioni di dimensioni ridotte potrebbero avere difficoltà ad applicare alcuni degli indicatori. Per questo motivo, la UNI Pdr 125 classifica le organizzazioni in quattro categorie: micro (fino a 9 addetti), piccola (da 10 a 49 addetti), media (da 50 a 249 addetti), grande (250 addetti e oltre). Non tutti i KPI sono applicabili a tutte le categorie di organizzazione; in particolare, sono presenti alcune esclusioni per micro e le piccole organizzazioni.

In ogni caso, per il rilascio della certificazione, l’azienda deve raggiungere il punteggio minimo del 60%.

Il raggiungimento degli obiettivi minimi non è tuttavia l’unico requisito per l’ottenimento della certificazione, l’organizzazione deve infatti definire un Piano Strategico, metterlo in atto, monitorarne l’applicazione e rivederlo periodicamente nell’ottica del miglioramento volto a ridurre il gender gap nel tempo.

L’iter di certificazione è analogo a quello degli altri sistemi di gestione e consiste in audit periodici di sorveglianza/rinnovo con cadenza annuale.

La certificazione, che ha una durata triennale, prevede un audit iniziale articolato in 2 fasi: fase 1 e fase 2, ed è soggetta ad audit di sorveglianza annuale. Allo scadere del triennio è previsto un audit di rinnovo.

Ci sono dei vantaggi anche economici per le aziende che accedono a questa certificazione?

L’ottenimento della certificazione consente di accedere a una serie di benefici, tra cui:

  • sgravi contributivi riservati alle imprese che siano in possesso della certificazione al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, nel limite dell’1% dei contributi complessivamente dovuti e di € 50.000 annui per ciascuna azienda;
  • punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti;
  • riduzione del 30% della garanzia fideiussoria per la partecipazione a gare pubbliche;
  • acquisizione di un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture;
  • positivo riflesso reputazionale.

Numerose sono le iniziative a supporto delle imprese già poste in atto.

In merito agli sgravi contributivi il Ministero del Lavoro ha fissato i criteri e le modalità per l’esonero contributivo in favore delle aziende in possesso della Certificazione di parità di genere con il decreto ministeriale del 20 ottobre 2022 del Ministero del Lavoro. In particolare, il decreto definisce:

  1. a) i criteri e le modalità di concessione, a decorrere dall’anno 2022, dell’ esonero contributivo introdotto dall’articolo 5 della legge n. 162/2021 e dall’articolo 1, comma 276, della legge n. 178/2020, come modificato dall’articolo 1, comma 138, della legge n. 234/2021, in favore delle aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere, di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 e successive modificazioni per il periodo di validità della medesima certificazione;
  2. b) gli interventi finalizzati alla promozione della parità salariale di genere e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro da realizzare, a decorrere dal 2022, mediante il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere del Ministero del lavoro, in attuazione dell’articolo 1, comma 276, della legge n. 178/2020, come modificato dall’articolo 1, comma 138, della legge n. 234/2021.

Anche Regione Lombardia ha pubblicato il Bando #Zherogap# che si propone di supportare le imprese lombarde nel conseguimento della certificazione della parità di genere, tramite due Linee di finanziamento destinate al co-finanziamento delle spese relative alla consulenza per le attività propedeutiche al conseguimento della certificazione per la parità di genere e per le spese sostenute dalle imprese per ottenere la certificazione stessa. Il bando è destinato alle micro, piccole e medie imprese con sede operativa attiva in Lombardia.

Una delle prime iniziative di sostegno alle imprese per questa certificazione è stata quella avviata da Unioncamere attraverso un accordo con il Dipartimento delle Pari Opportunità. A Unioncamere sono stati affidati: l’incarico di mettere a punto la progettazione e organizzazione di servizi per l’introduzione del sistema di certificazione della parità di genere; la gestione ed erogazione dei pagamenti per i costi di certificazione; l’attivazione di servizi di accompagnamento e assistenza tecnico-consulenziale; la promozione e sensibilizzazione delle imprese. Le risorse stanziate consentiranno, per il momento, di assistere un migliaio di aziende di micro, piccole e medie dimensioni. Di queste, 450 potranno avvantaggiarsi anche della copertura dei costi di certificazione.

Quali sono gli enti che possono svolgere un’attività di audit?

Le imprese possono richiedere la certificazione della parità di genere ad un Organismo di certificazione, accreditato Accredia, che verifichi la conformità alla prassi di riferimento PdR 125 sul sistema di gestione per la parità di genere.

Solo le certificazioni, rilasciate da un organismo di certificazione accreditato Accredia e con marchio UNI per la certificazione dei sistemi di gestione per la parità di genere secondo UNI PdR 125, consentono di ottenere gli esoneri contributivi per le imprese private, di accedere alle premialità nei bandi di gara e di usufruire degli stessi incentivi alla certificazione a disponibili.


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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.