Sventato il traffico di fanghi tossici smaltiti nei campi agricoli del Nord Italia che ha fruttato 12 milioni di euro all’azienda bresciana Wte di proprietà di Giuseppe Giustacchini. I Carabinieri forestali hanno sequestrato i capannoni di Quinzano d’Oglio, Calvisano e Calcinato dove si aggiungevano inquinanti ai fanghi recuperati da aziende e depuratori per poi smaltirli nei terreni. Si parla di 150mila tonnellate di fanghi sparsi su 3mila ettari di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza tra gennaio 2018 e agosto 2019.
L’indagine sullo spandimento dei fanghi tossici
15 in tutto le persone sotto la lente dell’indagine del giudice per le indagini preliminari Elena Stefana, come riporta il sito del Corriere della Sera, che ha sequestrato 12 milioni alla società di proprietà di Giuseppe Giustacchini. Coinvolte sei società che fanno lavori agricoli e un funzionario pubblico.
In una telefonata svoltasi lo scorso 19 giugno 2019, e registrata dai Carabinieri forestali, tra un impiegato della Wte di Calvisano e un controterzista emergono frasi inquietanti: “Kumar vuole andare al pronto soccorso perché gli fanno troppo male i polmoni e la testa, gli brucia la gola. Dice che si sente morire”, dice un impiegato riferendosi a un dipendente indiano. Questa rappresenta una conferma del fatto che diversi dipendenti e aziende fossero a conoscenza della tossicità dei fanghi.
C’era chi sapeva
Nell’ordinanza, riporta il sito del Corriere della Sera, risulta che l’unica preoccupazione per Giustacchini fosse il risparmio. Usava falsi campioni per dimostrare la regolarità del trattamento dei fanghi e non occuparsi della loro lavorazione. Poi cercava terreni in cui spargere “i finti gessi di defecazione”. Questi gessi di defecazione, fanghi trattati e trasformati in sottoprodotti fuori dalle regole e dai controlli ambientali, contenevano quantità elevate di sostanze tossiche quali idrocarburi, metalli pesanti e acido solforico di batterie esauste. Giustacchini parlava di “scarti di lavorazione di frutta, verdura” durante le trattative con gli agricoltori delle zone in cui voleva riversare i fanghi: Lonato del Garda, Quinzano, Castelvetro Piacentino, Sizzano a scandolara.
C’è poi chi sapeva ed era d’accordo. Come l’agricoltrice indagata Stefania Chiesa, dell’omonima impresa di Asola nel Mantovano, che ha accettato, previo finto contratto di vendita, di cedere le trincee della propria azienda per stoccare e successivamente spargere i cosiddetti gessi. Nessuno studio precedeva gli spandimenti per valutare “i reali quantitativi che potessero servire ai terreni agricoli”, riporta il Corriere della sera. Nell’ordinanza si legge che “venivano sparsi in massicce quantità, da 30 fino a 60 tonnellate ad ettaro, quantità enormi e inutili alle coltivazioni”.
Gli esposti per molestie olfattive
Decine gli esposti giungi alle forze dell’ordine negli ultimi anni per denunciare il reato di molestie olfattive. Tra cui quello depositato in procura il 10 novembre 2019 da Francesca Gandaglia di Quinzano e sottoscritto da 296 cittadini. I sindaci si sono schierati in prima linea: l’ex primo cittadino di Quinzano d’Oglio, Andrea Soregaroli, deceduto nel febbraio 2020 a 58 anni per un cancro. L’ex sindaco di Calvisano, Giampaolo Turini, e la sindaca di Calcinato, Nicoletta Maestri. Quest’ultima nel 2020, in piena pandemia, ha presentato un esposto in procura per denunciare i miasmi provenienti dal sito, insopportabili per chi doveva già restare chiusa per rispettare le misure di contenimento del Coronavirus.
I residenti intorno alle sedi della Wte da anni lamentavano un’area irrespirabile. “Mio marito è morto di cancro due anni fa, io sono malata di cancro, e ci sono morti di tumore dieci cani. I medici mi dicono che non è dimostrabile la correlazione con l’aria che abbiamo respirato, ma come si fa a non avere un sospetto?”, domanda retorica Giuliana Vescovi di Calcinato. Alcuni di loro si vogliono costituire parte civile.
Il senso di colpa
“Io ogni tanto ci penso eh… Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi…”, afferma il responsabile commerciale della Wte, Antonio Carucci, in una delle intercettazioni. Riferendosi ai terreni individuati a Sizzano (No) aggiungeva: “Sono posti veramente belli… proprio paesisticamente…. Andiamo proprio a rovinarli con i gessi…”.
Tentativi e incongruenze
Tra gli indagati figura anche il presidente dell’Agenzia interregionale per il Fiume Po, Luigi Mille, ritenuto responsabile di traffico di influenze. È stata intercettata una sua conversazione, svoltasi nell’agosto del 2018 negli uffici del settore Ambiente della Provincia di Brescia, in cui sollecitava, senza successo, la funzionaria Massi ad autorizzare il nuovo impianto Wte a Calcinato. I suoi legami con politici locali e regionali e funzionari pubblici avrebbero permesso a Giustacchini di continuare a lavorare, a discapito delle richieste di adeguamento degli impianti imposte negli ultimi anni dalla Provincia di Brescia. Richieste avallate dai risultati dei sopralluoghi effettuati dall’Arpa che avevano mostrato la presenza esagerata di zinco, stagno, idrocarburi, toluene, fenolo, cianuri, cloruri, nichel-rame, solfati, arsenico e selenio.
La politica, ovviamente, si schiera: “Una condotta inqualificabile”, afferma la deputata Chiara Braga, responsabile nazionale della Transizione Ecologica del Partito Democratico e membro della commissione Ecomafie. I deputati M5S Alberto Zolezzi e Claudio Cominardi chiedono “l’immediata approvazione di una legge che inasprisca le pene per gli ecoreati”.
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La risposta della Regione Lombardia
“Regione in questi anni ha agito e normato in materia fanghi, come pure sul loro trattamento e utilizzo in agricoltura, molto più di quanto abbia fatto il Governo e in particolare i ministri pentastellati”. Così in una nota stampa l’assessore all’Ambiente e Clima della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo.
Dal 2014, prosegue l’assessore, sono stati approvate sei delibere: tra queste la numero 1.777 del 17 giugno 2019 riguardante i limiti in ingresso, trattamento, in uscita e modalità di spandimento dei rifiuti ammissibili grazie alla quale “abbiamo ridotto le tipologie dei fanghi idonei allo spandimento in agricoltura al fine di migliorare la sostenibilità ambientale di tale pratica”.
L’elenco dei rifiuti ammessi a spandimento, prosegue Cattaneo, è stato poi aggiornato “in relazione alle conoscenze scientifiche e tecniche sviluppate a livello europeo, e in ossequio al principio di precauzione”.
Infine, l’assessore evidenzia che la Regione Lombardia “può regolamentare i fanghi ma non i gessi da defecazione” in quanto “manca una norma nazionale”, di competenza del ministero della Transizione ecologica, “che ne disciplini in modo preciso la produzione e il conferimento al suolo, prevedendo quantomeno gli stessi limiti quantitativi e qualitativi già previsti per i fanghi”.
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