L’inquinamento causato dalle navi da crociera e dai loro carburanti è una questione centrale per gli effetti negativi che produce sull’ambiente e sulla salute, tuttavia le aziende del settore non si mostrano sensibili al tema e non si impegnano abbastanza per limitare l’impatto di questi mezzi di trasporto. E’ la fotografia scattata dalla classifica sulle navi da crociera 2017 realizzata da NABU, l’associazione tedesca che collabora con ‘Cittadini per l’Aria’ nell’ambito del progetto ‘Facciamo respirare il Mediterraneo’, incentrato sulla richiesta dell’istituzione di un’area a basse emissioni navali in questo mare.
In cima alla classifica troviamo le compagnie Hapag-Lloyd e TUI che hanno scelto di utilizzare dei catalizzatori per gli ossidi di azoto, mentre aziende leader del settore come Costa, MSC e Royal Caribbean – sottolinea Cittadini per l’Aria in una nota – “offrono ancora ben poco per dimostrare di preoccuparsi per l’ambiente e la salute”.
Mancanza di fatti concreti
“Le compagnie del settore crociere fanno delle dichiarazioni sulla sostenibilità ambientale delle loro imprese a cui in realtà non seguono dei fatti concreti – ha spiegato a Canaleenergia Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria. “Nella classifica sono pochissime le navi da crociera che utilizzano ad esempio sistemi di riduzione del particolato. Inoltre nessuna nave ha deciso di cambiare carburante, questa sarebbe la vera misura da adottare”, ha aggiunto Gerometta.
“Il carburante che viene, infatti, utilizzato oggi dalle navi da crociera – ha sottolineato il presidente di Cittadini per l’Aria – è molto più inquinante del diesel normale. Se si considera che la quantità di carburante usata da una nave è molto elevata è ovvio che la scelta della tipologia è una questione cruciale. L’impegno vero che le navi da crociera e le imprese del settore dovrebbero assumere è quello di utilizzare un altro tipo di carburante, ma oggi come oggi ciò non sta succedendo”.
Le sostanze dannose per la salute
Per far capire l’importanza della situazione basti pensare che una nave da crociera di medie dimensioni brucia fino 150 tonnellate di carburante al giorno, introducendo nell’aria un numero di particelle paragonabile a quelle emesse da un milione di automobili. Ma quali sono in particolare le sostanze presenti in questi carburanti dannose per ambiente e salute?
“Dai camini delle navi fuoriesce ad esempio zolfo, estremamente dannoso per il nostro organismo. Oggi le navi da crociera devono utilizzare un carburante che ne contiene l’1,5 %, ma anche in questo caso la quantità è molto rilevante. Abbiamo poi il particolato ultrafine, polveri diverse dal PM10 che entrano in circolo nel sangue e hanno effetti molto gravi. Un’altra sostanza inquinante è il black carbon, il particolato carbonioso, che ha un impatto 10 volte più grave del pm 10 sulla salute umana. Secondo quanto dimostrato da ricerche effettuate nel porto di Civitavecchia gli abitanti che vivevano entro i 500 metri dal porto hanno avuto un incremento del 51% di morte per malattie neurologiche come l’Alzheimer e del 31% per tumore al polmone”, ha sottolineato Anna Gerometta.
La richiesta al Governo e il caso di Civitavecchia
Quello che serve, secondo il presidente di Cittadini per l’Aria, è un “intervento governativo a livello nazionale, una norma nazionale che imponga subito a tutte le navi di cambiare carburante almeno prima delle 12 miglia marine”.
In generale “Stiamo lavorando in vari Comuni con i cittadini di diverse città di porto e, proprio in seguito a uno di questi stimoli che noi abbiamo dato, il Comune di Civitavecchia l’anno scorso ha aperto un tavolo nell’ambito del quale la Capitaneria di porto con il Comune hanno scelto di introdurre una misura volontaria a carico delle compagnie di traghetti. La cosa assurda è che solo una compagnia di traghetti ha aderito a questo protocollo volontario di utilizzo di un nuovo tipo di carburante dimostrando come la volontarietà non può essere la via da percorrere. Per questo il Comune di Civitavecchia ha scritto al presidente Gentiloni e ai sindaci di tutte le città di porto per proporre la realizzazione di una zona a basse emissioni nel Mediterraneo. Vogliamo che il nostro Paese chieda all’Organizzazione Marittima internazionale (IMO) di istituire una zona a basse emissioni nel Mediterraneo. Questo è l’obiettivo finale del nostro progetto”, ha spiegato Gerometta.
Il ruolo chiave dell’Italia per una zona a basse emissioni nel Mediterraneo
“L’elemento fondamentale che vorrei sottolineare è che l’Italia – nell’adottare la direttiva sul contenuto di zolfo del carburante, una delle direttive che ha regolamentato le emissioni in atmosfera delle navi – ha ipotizzato che nel 2018 nell’Adriatico e nel 2020 nel Tirreno si istituisca una zona a basse emissioni. E’ quindi andata oltre il testo della direttiva europea già immaginando una zona a basse emissione nel Mediterraneo. Il messaggio importante che quindi oggi speriamo di far arrivare è quello di indurre il nostro Paese a riprendere questo testo di legge che è già operativo, ma è condizionato dall’adesione anche degli altri stati frontalieri. La Francia quest’anno ha dichiarato di volere una zona a basse emissioni, l’Italia, che per prima ha ipotizzato il progetto, deve essere uno dei protagonisti di questo sviluppo nel Mediterraneo”, ha concluso il presidente di Cittadini per l’Aria.
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