La Giornata mondiale dell’acqua, è un’occasione per riflettere sulle azioni che il singolo consumatore può attuare nelle sue scelte quotidiane per cercare di limitare il proprio impatto ambientale. Anche nelle scelte di abbigliamento si può optare per una moda sostenibile che guardino anche a ridurre l’impronta idrica.
Molti ignorano che occorrono 2.720 litri d’acqua per produrre una sola t-shirt di cotone. Secondo la Ellen MacArthur Foundation, il settore tessile utilizza ogni anno circa 93 miliardi di metri cubi di acqua, che corrispondono a 37 milioni di piscine olimpioniche. Oltre al consumo, il problema della produzione di abbigliamento sta anche nell’inquinamento idrico, causato per il 20% dai processi di tintura e finitura dei capi.
Ecco dunque alcuni consigli pratici che la rivista Vogue suggerisce per essere più consapevoli quando acquistiamo un capo.
Preferire il cotone bio e i jeans “low-water” per ridurre l’impronta idrica dei capi
Innanzitutto, scegliere il cotone bio è preferibile dato che utilizza il 91% di acqua dolce in meno rispetto al cotone normale, secondo uno studio del 2017 di Textile Exchange. Il jeans è un altro capo idrovoro, in genere per produrne un solo paio occorrono fino a 10.850 litri. Per questo dei brand si stanno muovendo per offrire delle alternative “low-water”, come ad esempio l’azienda Outland Denim che utilizza una tecnologia innovativa tra cui macchinari laser per ridurre la quantità di acqua necessaria per le operazioni di lavaggio e candeggio anche del 65%.
Il second hand alleato contro il cambiamento climatico
Meglio evitare il poliestere
Il poliestere è un tipo di materiale che impatta direttamente sull’inquinamento dell’acqua, perché rilascia milioni di microfibre quando viene lavato, dunque meglio evitarlo. Ma il suo inquinamento può impattare anche nella fase di produzione, in quanto qui vengono impiegati prodotti chimici molto dannosi quali il cobalto, il bromuro di sodio e l’ossido di antimonio.
Verificare l’origine dei materiali
È importante informarsi sulle modalità di produzione e sul luogo in cui vengono prodotti i tessuti per cercare di comprendere il loro impatto sull’ambiente. Ad esempio, anche le fibre naturali quali seta e cellulosa consumano tanta acqua, ma se provengono da una regione molto piovosa non hanno un impatto così negativo. Certo, questo significa che bisogna poter conoscere la filiera di un dato prodotto, ma spesso è complicato dato che non sono così trasparenti.
L’impatto dei pellami
Le operazioni di concia e finissaggio dei pellami utilizzano grandi quantità di acqua: per produrre un paio di scarpe in pelle bovina si possono utilizzare fino a otto mila litri, senza considerare le sostanze chimiche impiegate come il cromo esavalente. In questo caso, si possono scegliere i marchi che fanno parte del Leather Working Group, che collabora con i fornitori per ridurre l’utilizzo di acqua e di sostanze chimiche.
Un altro stratagemma molto semplice da mettere in pratica è quello di lavare meno gli indumenti, nel caso in cui non siano così sporchi o comunque siano stati utilizzati poco. Infine, cercare di fare lavatrici a pieno carico e scegliere una funzione che consenta di risparmiare acqua.
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