Cambia di passo il fashion. Dal fast, al super fast al sostenibile. E’ quanto sottolinea l’ultimo studio di Boston Consulting Group (BCG), in collaborazione con Textile Exchange e Quantis dal titolo “Sustainable Raw Materials Will Drive Profitability for Fashion and Apparel Brands”. Difatti mentre crescono le norme che obbligano l’industria della moda ad essere più attenta all’ambiente, lo studio ne ha registrate trentacinque che saranno attive entro i prossimi prossimi quattro anni. Più dell’85% dei brand leader di vendite hanno dichiarato pubblicamente obiettivi di decarbonizzazione per le proprie supply chain.
In questo scenario la dinamica e l’approvvigionamento di materie prime sostenibili diventa centrale per seguire il passo della legislazione e del mercato.
Materie prime sostenibili nella moda l’impatto sull’ industria del fashion
In questo scenario le materie prime svolgono un ruolo fondamentale in quanto possono contribuire fino a due terzi dell’impatto climatico di un marchio di moda. Il rischio messo in evidenza dallo studio è che la domanda di materie prime a basso impatto climatico (definite per questo “preferibili”) potrebbe superare l’offerta fino a 133 milioni di tonnellate entro il 2030. Un dato che riporta lo studio è pari a più di sei volte la produzione indiana di questi materiali nel 2021.
Importante quindi aumentare le materie prime “preferibili” all’interno del proprio portafoglio. Il che si traduce secondo lo studio in un aumento del profitto netto del 6% su un periodo di cinque anni.
Serve una risposta coesa per implementare per tempo e bene la filiera
Un impegno che però non è stato ancora dichiarato in numeri e in investimenti concreti verso le materie prime preferibili dall’industria della moda il che sta portando gli agricoltori e i fornitori a non effettuare investimenti necessari a rispondere a un eventuale aumento della domanda in tempi stretti.
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Il rapporto stima, infatti, che nel 2030 solo il 19% dei materiali prodotti sarà sostenibile, data l’attuale mancanza di economie di scala.
“Sempre più Chief Sustainability Officer della moda italiana si stanno muovendo per incentivare l’efficientamento energetico dei propri fornitori diretti, attivando progetti dedicati per supportarli nella raccolta dati e nel calcolo di obiettivi di riduzione delle emissioni.” Spiega Luca Mosca, Fashion & Sporting Goods Lead di Quantis in Italia. “Questa necessità è una delle ragioni per cui sempre più brand del lusso fanno scelte di integrazione verticale, portando realtà leader italiane a porsi come conglomerati di expertise dell’eccellenza manifatturiera nazionale. Per le maison si tratta dell’opportunità di lavorare con filiere più vicine, dal punto di vista geografico e non solo.”
Sei principi da cui partire per creare una solida strategia di materiali:
- Sviluppare una tracciabilità completa per ridurre i rischi delle supply chain e comprendere pienamente l’impatto di ogni materiale.
- Utilizzare un approccio scientifico per rafforzare il processo decisionale e soddisfare gli stakeholder.
- Diversificare il portafoglio di materiali per distribuire i rischi e rendere le operazioni più resilienti.
- Costruire un business case che porti a una triplice vittoria: per le aziende, per i fornitori e per la natura.
- Rafforzare i rapporti con i fornitori lungo la filiera.
- Assicurarsi che le conoscenze, gli strumenti e gli incentivi siano condivisi in tutta l’azienda.
I vantaggi non solo ambientali per una moda più sostenibile
Agire in ottica di miglioramento della filiera può rappresentare anche un’occasione per implementare nuove competenze come: innovazione, digitalizzazione e sostenibilità sociale.
Inoltre una migliore tracciabilità della catena di fornitura permette di identificare reali rischi legati alla sostenibilità sociale, tema di importanza critica per il cliente finale e la industry tutta.
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