Il mercato dell’auto in generale sta soffrendo da ben due anni, con le vendite di nuove vetture in calo, se poi si parla di mobilità elettrica, fondamentale per la decarbonizzazione e per attuare la transizione ecologica, è chiaro che senza aiuti e incentivi da parte del Governo, la strada è ancora più tortuosa.
Il Governo sta infatti deliberando di concedere per gli ecobonus in corso di emissione, fino a 5mila euro di incentivi per le auto elettriche a fronte di una spesa massima di 35mila euro e, fino a 4mila euro per auto ibride plug-in a fronte di una spesa massima di 45mila euro.
In merito, il presidente del Coordinamento Free (Coordinamento Fonti rinnovabili ed efficienza energetica), Livio de Santoli dichiara: “Si tratta di un fatto incomprensibile, che il prezzo massimo imposto per le auto più virtuose, 0-20 g/km di CO2, sia inferiore a quello delle più inquinanti 21-60 g/km di CO2. Le 0-20 sono le auto elettriche a batteria e a idrogeno, mentre le 21-60 sono le plug in, con qualunque motorizzazione termica. Tradotto: si supporta meno una tecnologia nuova e si premia maggiormente una più inquinante”.
Il presidente ritiene che questo sia un comportamento totalmente disallineato rispetto all’obiettivo di diffondere su larga scala i mezzi completamente elettrici e con le politiche sulle infrastrutture di ricarica già definite nel Pnrr.
“Si continuano a favorire i veicoli fossili, continua de Santoli, ma non basta, si continuerebbe a incentivare veicoli termici che emettono tra 61 e 135 g/km di CO2, caso unico in Europa, essendo questi limiti di emissione superiori a quelli indicati dalla UE,e che saranno rafforzati nel “Fit-for-55”. Infine, sono state totalmente ignorate le flotte aziendali, canale di elezione per le auto elettrificate e importante veicolo di “svecchiamento” del parco, attraverso la re-immissione di veicoli a emissioni zero al termine dei noleggi, e a prezzi convenienti rispetto al nuovo. Tutto ciò non farà che aggravare la crisi di mercato presente e continuerà ad allontanare l’Italia dalle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, relegandola sempre più alla marginalità e obsolescenza”.
Questo approccio industriale, conclude, di certo non contribuisce a rendere l’Italia più attraente per gli investimenti di aziende estere, rispetto agli altri Paesi nei quali la scelta di supportare la domanda è più chiara e meglio pianificata e farà diventare a breve il settore automotive italiano arretrato con perdite di Pil e di posti di lavoro sul medio periodo, mettendolo in crisi”.
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