L’università di Firenze, in una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Pollution, ha testato per la prima volta in modo complessivo la tossicità all’esposizione delle api al polietilene. Lo studio ha permesso di documentare uno stress a carico del comportamento alimentare degli insetti impollinatori fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi.
Microplastiche e salute delle api
Il polietilene è uno degli inquinanti ambientali più comuni. I ricercatori hanno somministrato il polimero agli insetti per via orale a tre diverse concentrazioni e su varie scale temporali (1 e 7 giorni di esposizione), misurando poi gli effetti su una serie di parametri, tra i quali la sopravvivenza, l’assunzione di cibo, l’apprendimento e la memoria.
È stato scoperto che le api operaie non sono del tutto immuni all’ingestione acuta e prolungata di microparticelle di polietilene. Fortunatamente, un effetto significativo sulla mortalità degli insetti è stato riscontrato solamente per la concentrazione più alta utilizzata nello studio, la quale è ben al di sopra gli attuali livelli ambientali di questi contaminanti. A dosi più basse, ma ecologicamente rilevanti, il polimero invece ha influenzato il comportamento alimentare, con le api che hanno consumato più zuccheri e quindi più energia rispetto ai controlli quando sono state esposte a polietilene, suggerendo il polimero possa indurre costi metabolici negli insetti.
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Costi metabolici negli insetti
Più rassicuranti sono le indagini effettuate sull’esposizione, anche prolungata nel tempo, rispetto agli aspetti comportamentali e quelli legati ad apprendimento e memoria, i quali indicano che anche a concentrazioni molto alte di microplastiche non corrisponde tuttavia un’alterazione delle funzioni cognitive, essenziali per i servizi ecosistemici svolti dagli insetti.
“Sebbene i primi risultati possono sembrare incoraggianti, siamo consapevoli che solo studiando l’impatto dell’esposizione alle altre microplastiche, prese singolarmente e in modo combinato, potremo capire come questi insetti, sentinelle della resilienza del nostro pianeta, reagiscono a uno dei problemi più pressanti per l’ambiente”, spiega nella nota stampa il coordinatore della ricerca, David Baracchi.
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