L’intervista a Monica Frassoni, presidente di EU-Ase sl nuovo numero di e7
L’Italia potrebbe fare da capofila per l’efficienza energetica in Europa e invece rischia di perdere quasi 1,5 miliardi di euro messi a disposizione dai fondi infrastrutturali per gli edifici intelligenti. Una situazione che preoccupa Monica Frassoni, presidente di EU-Ase (l’alleanza europea per l’efficienza energetica) che ha recentemente inviato due missive (una al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti in vista della Consiglio informale Ue del 17 luglio scorso, l’altra al nuovo presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker) per rinnovare la richiesta di affiancare al target di riduzione delle emissioni di CO2 un obiettivo vincolante per il risparmio energetico del 40% nel pacchetto clima-energia al 2030. “Finora il governo italiano non ha mostrato attenzione per l’enorme potenziale economico che ha l’efficienza energetica e, più in generale, l’innovazione tecnologica nel campo della sostenibilità” dice Frassoni nell’intervista pubblicata nel nuovo numero di e7, il settimanale di QE. “Purtroppo – prosegue – fino ad oggi la discussione sugli obiettivi al 2030 è stata falsata dai miti che ancora si raccontano sulle questioni energetiche: le rinnovabili hanno alzato il prezzo dell’energia, l’efficienza è un costo che non possiamo permetterci e così via. Dobbiamo ripartire da dati reali e numeri veri per impostare un percorso serio che si basi sui fatti e non sulle dicerie”. Un esempio? Il costo dell’energia non è un elemento penalizzante per le industrie europee in termini di competitività con quelle statunitensi: “La stessa Commissione Ue, nell’impact assessment che accompagnava i lavori per il Pacchetto 2030, ha ammesso che se si prende l’energia come parametro di valutazione della competitività le nostre industrie e quelle Usa sono allo stesso livello. Non dico che il problema non esista ma sono sbagliati i termini in cui viene affrontato. L’energia ha un costo diverso ma la bolletta pagata dalle nostre industrie è (in media) la stessa pagata da quelle americane, solo che il manifatturiero europeo è di gran lunga più efficiente e quindi consuma meno energia. A questo aggiungo che non è vero che abbiamo raggiunto il massimo ottenibile in questo campo perché, come dimostrano molti studi internazionali e non ultimi quelli dell’Agenzia internazionale per l’energia, abbiamo ancora un margine di miglioramento del 20-25%”. Al settore, spiega il presidente, altro non serve che un quadro normativo chiaro, coerente e, possibilmente, più “coraggioso” del D. Lgs di recepimento della direttiva UE recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri: “Il settore privato è pronto a investire in progetti di efficienza energetica e a fornire le risorse per generare un effetto leva sugli investimenti pubblici. I fondi ci sono: nell’ambito delle risorse finanziarie comunitarie che la futura programmazione 2014-2020 mette a disposizione dell’Italia (circa €32 miliardi), circa €7 miliardi vincolati ad azioni a sostegno della low carbon economy potrebbero essere allocati per interventi di efficienza energetica. Quello che ci serve è un quadro normativo coerente per sbloccare gli investimenti”. In questo numero di e7, tra l’altro, la riflessione scaturita dal convegno promosso dalla Cgil per parlare di scenari energetici al 2030 e la storia della “eco-casa” salita sul podio del Solar Decathlon Europe 2014. E ancora, la rubrica dedicata agli Ege, l’intervista a Simone Lo Nostro (responsabile marketing, supply e vendite corporate di Enel Energia) e il progetto di teleriscaldamento “smart” di Torino.
Leggi l’ultimo numero di e7 Italia, non perdere la sfida nell’efficienza
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