Il Friuli Venezia Giulia è una delle due regioni italiane a maggiore concentrazione di radon, il gas naturale che, dopo la sigaretta, è il principale colpevole dell’insorgenza di tumori al polmone. A evidenziarlo, per meglio dire a confermare quanto già misurato nelle precedenti rilevazioni, le indagini territoriali condotte nell’ultimo anno dall’Agenzia regionale per l’ambiente FVG nell’ambito del “Progetto Radon, misure per 1.000 famiglie”.
I risultati del progetto Radon
I risultati, presentati dai tecnici del Centro regionale di radioprotezione lo scorso 11 ottobre, hanno mostrato una media annuale piuttosto elevata di radon, pari a 153 Bq/m3 su un campione costituito da 1.775 famiglie residenti nella Regione. Per il 12% delle abitazioni monitorate la concentrazione del gas ha superato il limite di 300 Bq/m3 previsto dalla direttiva comunitaria.
A essere maggiormente interessate le zone con suoli molto permeabili dell’alta pianura friulana, delle vallate montane e del Carso triestino e goriziano. Tenendo conto dei parametri edilizi è emerso come i livelli di gas siano maggiori nei locali vicini al suolo, sottoterra o privi di intercapedini e negli immobili con muratura in pietra. Inoltre, sono gli edifici più vetusti o, all’opposto, quelli dove sono stati effettuati interventi di impermeabilizzazione, isolamento o rifacimento del contatto col suolo a presentare livelli maggiori.
Complessivamente la risposta delle famiglie all’iniziativa è stata positiva. Buona anche la distribuzione delle abitazioni su base geografica in rapporto alla popolazione residente, fatto salvo per la zona montana.
Il progetto Radon
Partito agli inizi di ottobre 2017, il progetto Radon è nato come esperienza di “citizen science”: nel corso di sei incontri pubblici alle 1.775 famiglie sono stati consegnati altrettanti dosimetri per coinvolgerli attivamente nell’attività di ricerca. A marzo 2018, trascorsi 5 mesi, i rilevatori di gas sono stati consegnati e analizzati nel laboratorio di radioprotezione dell’Agenzia. A maggio 2018 le famiglie coinvolte hanno ricevuto i risultati delll’analisi e in oltre il 40% dei casi, lì dove i livelli di concentrazione sforavano i limiti imposti, è stato richiesto un sopralluogo dei tecnici Arpa.
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