L’idrogeno pulito potrebbe seguire la via dei porti europei, almeno questo è quanto ritiene un recente studio realizzato da Deloitte Belgium per la Clean Hydrogen Partnership.
Si tratta di uno dei vettori a zero emissioni attenzionato dall’UE in ottica di transizione ecologica.
L’opportunità che vede Deloitte è collegata all’essenza stessa dei porti che possono essere vettori del trasporto di idrogeno in quanto centri naturali di gestione dei flussi in entrata e in uscita. Una strategia in linea con quanto previsto dal Piano REPowerEU, in cui si evidenzia come lo “sviluppo delle infrastrutture portuali e il loro collegamento con gli utenti sia industriali che dei trasporti nelle vicinanze sarà di fondamentale importanza per aumentare la domanda di idrogeno rinnovabile in Europa a 20 milioni di tonnellate all’anno nel 2030″.
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Al centro dello studio le priorità legate al superamento delle lacune tecnologiche, di sicurezza e non tecniche (politiche, normative, di governance, strategiche) per lo sviluppo tempestivo delle attività e delle infrastrutture connesse a questo vettore.
Inoltre si offre una panoramica dei vari possibili ruoli che un porto potrebbe svolgere nella futura economia europea dell’idrogeno.
Le principali raccomandazioni per lo sviluppo di un idrogeno pulito nei porti
L’analisi che Deloitte ha svolto con il supporto della consulenza specializzata TNO, si distingue in tre livelli:
- identificazione delle attuali sfide tecnologiche (R&I);
- quali sono le lacune nelle normative di sicurezza, codici e standard e barriere non tecniche (politiche, normative, di governance, strategiche) per varie attività;
- quali infrastrutture a idrogeno dovrebbero essere implementate nei porti e nelle aree portuali.
Lo studio include anche raccomandazioni specifiche per superare le sfide individuate per ciascuna di queste aree.
Per le autorità portuali e le altre parti interessate del porto:
importante valutare sistematicamente la logica tecnico-economica e la rilevanza sociale per lo sviluppo di attività e infrastrutture connesse all’idrogeno (vettori) nella zona portuale (ad esempio, terminal di importazione, bunkeraggio, produzione di idrogeno, stoccaggio e/o conversione, stazioni di rifornimento multimodale, uso come combustibile nelle navi, ecc.).
Se da questo riscontro si ha un dato positivo gli esperti consigliano di:
- istituire un gruppo di lavoro sull’idrogeno composto da rappresentanti delle autorità locali e da soggetti privati che operano nell’ecosistema portuale.
- Elaborare una chiara tabella di marcia con le tappe fondamentali, condizioni e struttura organizzativa per l’integrazione di successo e sicura di queste attività legate all’idrogeno nel porto.
- Cercare di sviluppare un approccio integrato e coordinato per l’energia e le infrastrutture costiere.
- Svolgere un ruolo attivo e da coordinatore per l’UE.
Le raccomandazioni ai governi degli Stati membri del l’UE
Secondo gli esperti gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione:
- “l’inclusione di disposizioni specifiche nella rispettiva strategia nazionale sull’idrogeno per lo sviluppo tempestivo di infrastrutture integrate, legate all’idrogeno, lungo le zone costiere soggette alla giurisdizione nazionale”.
- Promuovere e facilitare un maggiore coordinamento regionale, l’integrazione e la mutualizzazione (a livello delle zone costiere) per lo sviluppo di attività e infrastrutture connesse all’idrogeno (ad esempio, stoccaggio e distribuzione).
- Adoperarsi per lo sviluppo di valli d’idrogeno transfrontaliere integrate che coinvolgano diversi porti marittimi e interni.
- Infine suggeriscono lo stanziamento di finanziamenti pubblici diretti dedicati ai pionieri del settore impegnati in investimenti di ricerca e sviluppo.
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