I sussidi alle fonti fossili sono quasi raddoppiati nel 2021

I finanziamenti concessi al settore dei combustibili fossili nel 2021 hanno raggiunto la cifra di 700 miliardi di dollari.

  • Nonostante le promesse del G7, le aziende che operano nel settore del petrolio, del gas e del carbone continuano a ricevere finanziamenti.
  • La maggior parte delle sovvenzioni è servita a ridurre il prezzo dell’energia per i consumatori.
fonti fossili
Si continua a investire nelle fossili © Pixabay

Le nazioni del G7, fra cui l’Italia, si erano impegnate nel 2016 a bloccare i sussidi concessi al settore delle fonti fossili entro il 2025. Un obiettivo condiviso dal Parlamento europeo, e un passo fondamentale nella lotta contro i cambiamenti climatici. Perché, allora, tali sussidi sono quasi raddoppiati nel 2021, raggiungendo a livello mondiale l’astronomica cifra di 700 miliardi di dollari?

La maggior parte delle sovvenzioni ha ridotto il prezzo dell’energia per i consumatori

Stando all’analisi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che ha interessato 51 Paesi chiave, la maggior parte delle sovvenzioni è servita a ridurre il prezzo dell’energia per i consumatori mentre l’economia globale si stava riprendendo dalla pandemia di Covid-19. Gli analisti prevedono che nel 2022 i finanziamenti aumenteranno ulteriormente, a causa del conflitto fra Russia e Ucraina.

In particolare, i sussidi che hanno mantenuto i prezzi dei combustibili fossili artificialmente bassi sono più che triplicati nel 2021 rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 531 miliardi di dollari. I finanziamenti per la produzione di petrolio e gas hanno raggiunto un livello record di 64 miliardi di dollari. Queste cifre sarebbero ben più alte se si tenesse conto dei costi sanitari derivanti dall’inquinamento atmosferico e del prezzo da pagare per le ondate di calore e gli altri effetti della crisi climatica.

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Un ostacolo sulla via per un futuro sostenibile

“Le sovvenzioni concesse alle industrie dei combustibili fossili rappresentano un ostacolo sulla via verso un futuro sostenibile, ma per i governi è ancora più difficile sospenderle quando i prezzi dei carburanti sono alti e particolarmente volatili”, ha dichiarato al Guardian Fatih Birol, direttore dell’International Energy Agency. La soluzione, però, c’è. “Aumentare gli investimenti nelle tecnologie e nelle infrastrutture volte allo sfruttamento dell’energia pulita è l’unica soluzione di lungo termine alla crisi energetica attuale, oltre che il modo migliore per ridurre l’esposizione dei consumatori all’aumento del prezzo dei carburanti”, conclude Birol.

Un monito che assume ancora più significato se pensiamo che, nei primi sei mesi del 2022, BP, Shell, ExxonMobil, Chevron e Total hanno registrato un reddito operativo di quasi 100 miliardi di dollari. La stessa cifra che i Paesi ricchi avevano promesso ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici, e che non è mai stata versata.


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