In Italia, l’87,8 per cento del trasporto merci avviene su strada, per un totale di circa 580 miliardi di tonnellate-chilometro/anno. Seguono il trasporto marittimo di cabotaggio, con circa 57 miliardi di tonnellate-km/anno (8,8 per cento) e quello ferroviario, con circa 21 miliardi di tonnellate-km/anno (3,2 per cento). Il trasporto aereo su scala nazionale rappresenta solo una quota marginale. L’80 per cento degli spostamenti – che, nel tempo, si sono concentrati lungo i principali assi autostradali – è inferiore ai duecento chilometri, cosa che rende le alternative su ferrovia difficilmente competitive.
Sono le cifre presentate all’interno del Quaderno numero 31 dell’associazione Freight Leaders Council (FLC), pubblicato nel mese di ottobre, che mettono in luce l’elevato impatto ambientale del trasporto merci nel nostro Paese. Per l’organizzazione, le principali strade da percorrere per aumentare l’efficienza e la sostenibilità del settore logistico sono due: l’intermodalità e la creazione di un ecosistema integrato sul piano fisico e digitale.
I vantaggi dell’intermodalità e del “seamless freight transport”
“Il trasporto intermodale si differenzia da quello multimodale perché comporta la movimentazione di merci attraverso una stessa unità di carico e uno stesso veicolo stradale che utilizza in successione due o più modalità di trasporto (per esempio, ferrovia, nave, aereo e camion), senza manipolazione delle merci stesse al cambio della modalità di trasporto”, spiega Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council.
Leggi anche: Il futuro della logistica e dell’autotrasporto fra sfide ambientali e tecnologiche
“Il concetto di seamless freight transport costituisce di fatto il superamento di concetti basati sul modo di trasporto o sull’unità di carico e fornisce una visione di un trasporto end-to-end in cui infrastrutture, merci, veicoli, persone, dati, clienti, committenti e autorità pubbliche sono integrati in un unico ecosistema in grado, di volta in volta, di operare la scelta migliore per minimizzare l’impatto ambientale dei servizi logistici”, prosegue Marciani.
L’importanza di una strategia nazionale per la gestione delle infrastrutture fisiche e digitali
Difatti, lo studio dell’associazione dimostra come le soluzioni di trasporto multimodale siano in grado di garantire vantaggi significativi in termini di efficienza, risparmio economico e sostenibilità ambientale rispetto alle alternative monomodali, riducendo al minimo i costi e i tempi di trasporto, i rischi e le emissioni di CO2. Attualmente, però, la rete ferroviaria nazionale raggiunge direttamente solo i due quinti dei porti e meno di un quinto degli aeroporti. Ecco perché, secondo gli esperti del Freight Leaders Council, sarebbe prioritario porre rimedio alla mancanza di una visione di sistema e di una strategia nazionale per la pianificazione dei nodi (portuali, aeroportuali e interportuali) che ha portato la distribuzione delle infrastrutture a non essere sempre coerente con le reali esigenze di domanda del territorio.
“È necessario lavorare in termini di ecosistema per creare una concreta integrazione fra le diverse modalità di trasporto attraverso le infrastrutture abilitanti, sia fisiche sia digitali. È fondamentale coinvolgere tutta la filiera, compreso chi produce le merci e chi le consuma”, continua Massimo Marciani.
“A tal fine servono alcuni passi decisivi. Il primo è la standardizzazione: bisogna entrare in una logica di standard non soltanto rispetto alle unità di carico fisiche, ma relativamente alla parte digitale. L’ecosistema è composto da una parte hardware e una software: nella prima rientrano gli hub di tipo fisico (porti, interporti, terminal, autostrade, etc.), mentre la seconda è composta, per esempio, dalla dotazione del 5G, senza il quale alcuni servizi sono inibiti, o dalla creazione di una piattaforma logistica nazionale”.
La digitalizzazione può giocare un ruolo importante anche nella mitigazione dell’impronta carbonica del settore, per esempio grazie all’utilizzo delle stampanti 3D che riducono lo spostamento delle merci e ai sistemi di intelligenza artificiale che suggeriscono ai trasportatori i percorsi ottimali. Non si può poi fare a meno di pensare al ruolo che potrà essere giocato dall’idrogeno, per quanto il principale ostacolo al suo utilizzo sia ancora rappresentato dal costo.
Il potenziale dell’idrogeno
“Nel mercato dei trasporti a lungo raggio su gomma l’idrogeno sembra, dal punto di vista pratico, l’unica opzione praticabile per una logistica a emissioni zero. Un’altra applicazione di interesse nel medio termine riguarda il trasporto ferroviario. Considerando che, attualmente, il 46 per cento circa della rete europea principale è ancora servita da tecnologie diesel, l’utilizzo dell’idrogeno, nelle tratte di difficile elettrificazione per i costi elevatissimi o per la morfologia del territorio, rappresenta una soluzione competitiva anche in termini di costo. Nel lungo periodo, anche il settore dell’aviazione potrebbe contemplare l’impiego delle fuel cells”, conclude Marciani.
Leggi anche: Come trasformare l’idrogeno in un pilastro della decarbonizzazione
Il presidente ci lascia con un’anticipazione riguardante proprio l’industria dell’aviazione: “Proporrò al comitato di gestione del Freight Leaders Council di orientare la prossima pubblicazione, il nostro Quaderno 32, proprio sul cargo aereo, un settore che necessita di maggiore attenzione e verso il quale abbiamo una cronica mancanza di informazioni aggiornate”. Analisi approfondite in questo ambito potranno davvero fare la differenza, specialmente considerando che nel recente disegno di legge sulla qualità dell’aria sono state incluse “misure in materia di riduzione dell’impatto ambientale del trasporto merci su gomma tramite potenziamento del trasporto aereo”.
Per ricevere quotidianamente i nostri aggiornamenti su energia e transizione ecologica, basta iscriversi alla nostra newsletter gratuita
e riproduzione totale o parziale in qualunque formato degli articoli presenti sul sito.