Le foreste catturano enormi quantità di carbonio: assorbono ogni anno un terzo delle emissioni antropiche di CO2 da combustibili fossili, evitandone l’accumulo in atmosfera. Dopo gli oceani, a livello globale sono il secondo maggior serbatoio trattenendo complessivamente ben 861 miliardi di tonnellate di carbonio. Tuttavia, le emissioni dovute alla perdita di foreste tropicali non sono solo raddoppiate negli ultimi due decenni, ma sono tutt’oggi in continuo aumento. La deforestazione rappresenta infatti la seconda fonte umana di CO2: tra il 2000 e il 2019 sono state circa 8 miliardi le tonnellate di CO2 emesse ogni anno in atmosfera a causa della distruzione dei polmoni verdi.
Lo rivela il report Wwf, Deforestazione e cambiamento climatico: l’impatto dei consumi sui sistemi naturali, pubblicato il 21 marzo in occasione della Giornata internazionale delle foreste e realizzato in vista di Earth Hour, la mobilitazione globale promossa dall’associazione ambientalista per la natura e il clima che, il 26 marzo alle ore 20.30, invita tutti a spegnere per un’ora le luci come gesto simbolico per un futuro più sicuro, giusto e sostenibile.
Gli impatti della deforestazione
Parte della CO2 assorbita dalle foreste tramite la fotosintesi viene riemessa in atmosfera quando gli alberi vengono tagliati: dal 2000 è stato perso ben il 10% della superficie forestale mondiale. Nel XXI secolo circa il 90% della deforestazione a livello globale è dovuto all’espansione dell’agricoltura (piantagioni, coltivazioni per produzione di commodities agricole e pascoli per allevamenti intensivi), mentre altre cause quali incendi e urbanizzazione costituiscono solo una minor parte del problema.
Nello stesso periodo di tempo, a livello geografico, circa il 70% della perdita di foreste si è concentrata in tropici e sub-tropici: in particolare, tra il 2000 e il 2017 sono stati persi più di 43 milioni di ettari (una superficie pari a quella del Marocco) in quelli che sono stati individuati come gli hotspot della deforestazione globale: America Latina, Africa Sub-Sahariana e Sud-Est asiatico. Tra il 2001 e il 2020, i Paesi interessati dalla maggiore accelerazione nella deforestazione sono stati invece Repubblica Democratica del Congo, Indonesia e Brasile.
Oltre ai problemi legati al clima, la deforestazione mette a rischio la sopravvivenza delle popolazioni indigene che dipendono strettamente da questi ecosistemi e provoca la perdita di biodiversità, causandone spesso l’estinzione.
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Responsabilità europea e italiana
Ogni anno spariscono circa 36.000 ettari di foresta per soddisfare i consumi degli italiani. In questo contesto l’Italia è al secondo posto, dopo la Germania, nel gruppo degli otto Paesi europei che da soli sono responsabili dell’80% di questa distruzione di natura indiretta, che si realizza attraverso le materie prime importate da Paesi tropicali, ma lavorati e consumati nell’UE.
Ogni italiano con i propri consumi di beni importati è responsabile di 6 mq di deforestazione l’anno. In Europa, l’80% della deforestazione tropicale importata si concentra in 6 commodities: soia, olio di palma e carne bovina, seguite da legno, cacao e caffè. Le zone più colpite da questo fenomeno sono, per l’importazione di soia e carne bovina, il Cerrado e l’Amazzonia in Brasile e il Chaco in Paraguay e l’Argentina, per il cacao l’Africa occidentale e centrale, e per l’olio di palma l’Indonesia, la Malesia e la Papua Nuova Guinea.
Nel 2017 (ultimo anno per cui sono disponibili dati), l’UE ha causato il 16% (203.000 ettari) della deforestazione associata al commercio internazionale di materie prime, dietro alla Cina (24%, in assoluto la potenza economica più impattante sulla salute del Pianeta), ma ben prima di India (9%), Stati Uniti (7%) e Giappone (5%). Questa deforestazione ha causato l’emissione di 116 milioni di tonnellate di CO2.
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Gli impatti delle commodities agricole
L’espansione dell’agricoltura nelle regioni tropicali è la più grande minaccia per le foreste, determinando la conversione di circa 5 milioni di ettari (Mha) l’anno. I sette giganti che dominano la distruzione delle foreste tropicali sono (in ordine di importanza): bovini, olio di palma, soia, cacao, gomma, caffè e legno, responsabili (tra il 2001 e il 2015) del 57% della deforestazione connessa con l’agricoltura, un’area grande quanto tutta la Germania.
La protezione delle foreste e il ripristino degli ecosistemi forestali degradati sono quindi di grande aiuto alla mitigazione del cambiamento climatico. La superficie terrestre idonea al ripristino forestale ammonta a quasi 2 miliardi di ettari; il ripristino di 250 milioni di ettari di foreste permetterebbe di sequestrare fino a 1,7 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno in più. Nella sola foresta Atlantica, una delle foreste più degradate del Pianeta di cui è rimasto solo il 12,5% della copertura originale, ben 15 milioni di ettari di superficie sarebbero idonei al ripristino.
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