Un mondo “net carbon zero” al 2050. Un’utopia? Non secondo gli esperti provenienti da 15 Paesi che partecipano al Deep Decarbonization Pathways Project, secondo i quali la decarbonizzazione è un obiettivo tutt’altro che remoto a patto di operare un profondo cambiamento nei sistemi energetici nazionali. La soluzione prospettata dal report 2014, presentato alcuni giorni fa dall’iniziativa (nata sotto l’egida del Sustainable Development Solutions Network e dell’Institute for Sustainable Development and International Relations), si basa su tre pilastri: incremento dell’efficienza energetica, generazione elettrica low carbon, fuel switching.
A partire da questi punti cardine, gli scenari per ciascuno dei 15 Paesi che partecipano all’iniziativa sono assai differenti in base ai diversi approcci e alle peculiarità nazionali ma resta per tutti l’urgenza di contenere le emissioni di gas a effetto serra al fine di contenere entro i 2 °C l’aumento della temperatura media globale. Nonostante le differenze, tutti i partner hanno confermato che la fattibilità tecnica di una profonda decarbonizzazione si basa sulla diffusione su larga scala di diverse tecnologie a basse emissioni, alcune delle quali non sono ancora pienamente commercializzate o accessibili.
Secondo il segretariato del progetto, infatti, molte tecnologie non saranno disponibili in maniera estensiva almeno fino al 2020 (biocarburanti di seconda generazione) e, in alcuni casi, si dovrà aspettare ancora 5 o addirittura 10 anni (geotermico avanzato, Ccs, IV generazione del nucleare, fuel cell a idrogeno).
In particolare, l’Australia ha presentato 3 possibili scenari nel suo percorso verso un’economia meno inquinate basati, rispettivamente, sulle rinnovabili (principalmente tecnologie solari), sulla Ccs e sul nucleare. La sfida più grande per il Paese sarà ridurre le emissioni del proprio sistema elettrico al momento fortemente basato sull’impiego del carbone: le tecnologie per farlo, secondo Anna Skarbek (direttore esecutivo dell’organizzazione ClimateWorks), sono già disponibili ma la realizzazione di questo passaggio sarà una vera e propria corsa contro il tempo. Secondo il rapporto, infatti, la percentuale di fonti rinnovabili nel mix elettrico dovrà arrivare al 50% entro il 2030 e questo a prescindere dallo scenario (vedi grafico). E ancora, la scena delle Fer sarà dominata dal solare nelle sue diverse applicazioni (coperture solari, grandi impianti, solare termico e termico con accumulo). Vento, biomasse e idroelettrico giocheranno un ruolo altrettanto significativo.
Resta aperta, invece, la questione relativa a quale tecnologia consentirà di equilibrare la generazione distribuita: pompaggi idro, wave energy, geotermico, solare termico, batterie o altro. L’opzione più probabile, concludono i ricercatori, sarà un mix di tutte quante.
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