È fondamentale, secondo il WWF, che l’Italia soddisfi la domanda nazionale di acciaio con la produzione interna, sia per ridurre la sua dipendenza dalle importazioni, sia per ragioni sociali. È altrettanto importante puntare sulle migliore tecnologie disponibili per assicurare la decarbonizzazione dell’industria.
È quanto emerge dal report sul settore siderurgico italiano che l’organizzazione ha commissionato all’Università degli Studi di Trieste, i cui risultati sono stati illustrati nel corso di un webinar il 22 luglio che ha visto anche il ricordo del delegato Maurizio Fermeglia, già rettore dell’ateneo triestino.
L’obiettivo del WWF
“La decarbonizzazione dei settori hard-to-abate è una questione molto complessa, perché richiede un’ingente quantità di energia rinnovabile. Richiede un percorso che ormai è chiaro, ma che va governato, a livello europeo come a livello nazionale. Con questo report, abbiamo abbiamo voluto cercare le strade percorribili, non necessariamente le più semplici”, ha dichiarato in apertura Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia.
L’acciaio a zero emissioni?
Per il #WWF si può fare ed è urgente accelerarne la transizione energetica se vogliamo rispettare gli impegni di neutralità climatica#acciaioemissionizero #OurFuture #GenerAzioneClima #ClimateCrisis
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La produzione di acciaio in Italia
L’Italia è all’undicesimo posto fra i produttori globali di acciaio, come ha spiegato Andrea Mio, professore del Centro interdipartimentale Giacomo Ciamician. Al primo posto c’è la Cina, seguita da India e Giappone. La prima nazione europea è la Germania, con 36,8 Mton nel 2022, contro le 21,6 dell’Italia (pari a 16 Mton di CO2). Circa l’85 per cento dell’acciaio italiano è prodotto da forno elettrico. Importiamo quello che ci manca, mentre esportiamo prodotti finiti.
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Le strategie per la decarbonizzazione
Fra le strategie per la decarbonizzazione, ci sono la riduzione dei consumi energetici, l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e di fonti bio-based per la produzione di energia termica. “La cattura della CO2 dev’essere considerata una soluzione transitoria e di ultima istanza. Tutte queste azioni di mitigazione devono essere accompagnate dallo sviluppo di tecnologie per la produzione carbon-free, fra cui la tecnologia DRI che utilizza l’idrogeno verde”, ha dichiarato il professor Mio.
Il ferro preridotto (Direct Reduced Iron, DRI) è un materiale che può essere alimentato direttamente a caldo in forno elettrico per la produzione di acciaio, riducendo il fabbisogno energetico rispetto ai valori tipici dei forni alimentati con rottami (Stefano Cao, CEO di DRI D’Italia S.p.A.).
Considerando una domanda di 25 Mton all’anno al 2050, l’ateneo triestino ha elaborato tre possibili scenari:
- conservativo (immobilismo da parte delle aziende, ricorso esclusivo alla cattura della CO2);
- prospettico (DRI con biogas e biometano);
- auspicabile (DRI con idrogeno verde).
L’impatto economico
“A livello economico, è ancora difficile fare delle stime, vista la fase prototipale in cui si trovano alcune tecnologie. Per questo, abbiamo costruito un modello che ci permetta di stimare qual è il costo dell’acciaio prodotto nei vari modi. Bisogna considerare che i prezzi variano al variare del mercato, e che i mercati reagiscono alle politiche attuate dai governi nazionali e internazionali”, ha poi chiarito il professor Romeo Danielis.
Comparando il prezzo dell’elettricità con quello legato all’emissione di CO2, emerge come, ad oggi, l’acciaio prodotto con la DRI a idrogeno non sia concorrenziale. “Perché diventi competitivo, serve ridurre il prezzo dell’energia elettrica, portandolo a livelli simili a quelli spagnoli”, ha evidenziato Danielis.
Le ricadute occupazionali
Il settore italiano dell’acciaio ha assistito a una crescita occupazionale di più dell’1,6 per cento fra il 2014 e il 2023, con un passaggio da 67.426 a 68.526 occupati, come ha illustrato il dottor Giovanni Carrosio. “Guardando all’intensità occupazionale nell’acciaio primario e secondario, abbiamo provato a stimarne il valore nei vari scenari (conservativo, prospettico e auspicabile)”. Nello scenario auspicabile bisogna tenere conto anche dei nuovi occupati nell’ambito delle energie rinnovabili, cosa che aumenta notevolmente il totale.
In conclusione, Midulla si è soffermata sull’importanza del confronto attivo fra gli stakeholder per l’efficacia delle politiche energetiche e climatiche, auspicando che le varie parti interessate siano consultate dal governo per i prossimi passi.
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