Trasferire i data center sott’acqua per tagliare i costi legati all’energia e ridurre l’impatto ambientale. È l’ipotesi al vaglio di Microsoft che, nell’ambito del progetto di ricerca denominato ‘Natick’, ha iniziato, nel 2015 nel Pacifico, le sperimentazioni di un prototipo denominato Leona Philpot (il nome deriva da un personaggio dei videogiochi), come si legge nella sezione del sito dell’azienda dedicato al progetto.
Il funzionamento dei cloud data center richiede, infatti, grossi dispendi di energia per la costante necessità di raffreddamento, legata all’elevata quantità di calore emessa e finalizzata ad evitare blocchi, e incide in maniera significativa sui consumi di energia richiesta e allo stesso tempo sul quantitativo di sostanze inquinanti prodotte. Per ovviare a questo tipo di problematiche Microsoft ha pensato di trasferire i data center sul fondo del mare in modo da sfruttare le basse temperature delle profondità marine.
I vantaggi ottenuti sarebbero, inoltre, legati a una riduzione delle distanze che i dati devono percorrere, con miglioramenti in termini di manutenzione e gestione, considerato che la metà della popolazione mondiale è collocata nel raggio di 200 Km dalle coste, come spiega l’azienda.
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