E’ denominato JT-60SA ed è il reattore sperimentale per la fusione nucleare che verrà completato nei prossimi due anni in Giappone nell’ambito del progetto di ricerca internazionale Broader Approach. Una tecnologia, di cui ieri a Naka (vicino Tokyo) si è celebrato l’avvio delle operazioni di assemblaggio tecnico e che per la sua realizzazione ha visto il contributo dell’Italia per quanto riguarda la componentistica. Oltre a ENEA hanno dato il loro contributo ASG Superconductors (famiglia Malacalza), Walter Tosto, OCEM Energy Technology e Poseico, oltre al Consorzio ICAS coordinato dalla stessa ENEA.
“Si tratta di un risultato di grande rilievo per l’Italia e per l’ENEA in termini di ricadute scientifiche, economiche e di competitività”, ha sottolineato il presidente dell’ENEA Federico Testa, sottolineando come “nei programmi di ricerca internazionale sulla fusione Broader Approach e ITER, la fornitura di componenti avanzati dalle nostre industrie di punta ha superato ampiamente il miliardo di euro”. “Il nostro Paese – ha aggiunto Testa – ha conquistato un livello di eccellenza in questa grande sfida tecnologica e di innovazione per ottenere energia sicura, inesauribile e rispettosa dell’ambiente, in grado di sostituire i combustibili fossili a costi competitivi”.
Le componenti italiane
In particolare il nostro Paese fornirà 9 delle 18 bobine necessarie a realizzare il sistema magnetico superconduttore del JT-60SA, “una sorta di gigantesca ‘ciambella’ per contenere il plasma ad altissime temperature”, come si legge in una nota. Le bobine pesano 16 tonnellate ciascuna, sono alte 8 metri e larghe 4,5 metri e sono state realizzate da ASG Superconductors negli stabilimenti genovesi dove sono state anche inglobate nelle strutture di contenimento realizzate dalla Walter Tosto. Il tutto sotto la supervisione di ENEA.
“La prima di queste nove bobine italiane è già in Giappone e la seconda arriverà entro fine gennaio”, ha spiegato Aldo Pizzuto, direttore Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare dell’ENEA, aggiungendo che “la terza e la quarta sono in Francia presso il CEA per il pre-assemblaggio e i test criogenici ed entro l’anno tutti e nove i magneti italiani saranno consegnati. L’assemblaggio del sistema superconduttore dovrebbe concludersi nella seconda metà del 2018 e l’anno dopo è previsto il primo plasma”.
Broader Approach: la collaborazione Italia – Giappone
Ma la fornitura di 9 bobine e le18 casse di contenimento (per tutte le 18 bobine) sono solo un tassello del contributo di ENEA al progetto: l’impegno riguarderà anche la progettazione e la realizzazione di altri componenti “di grande interesse tecnologico e industriale”,si legge in una nota. In generale la realizzazione del reattore euro-nipponico JT-60SA si inserisce nel quadro più ampio del Broader Approach, l’accordo Europa-Giappone da 860 milioni di euro finalizzato ad una più rapida esecuzione del programma di ricerca mondiale sulla fusione nucleare.
Sono diversi i programmi di ricerca internazionali sulla fusione a cui partecipa il nostro Paese: si tratta dei progetti ITER, DEMO e Broader Approach. Inoltre l’Italia è tra i partner delle agenzie europee EUROfusion e Fusion for Energy (F4E). Tra le iniziative che il nostro Paese punta a portare avanti all’interno dei confini nazionali c’è la realizzazione di un polo di ricerca scientifico-tecnologico per la fusione nucleare, un progetto da 500 milioni di euro e oltre 1.800 addetti per realizzare il Divertor Tokamak Test facility (DTT), un’infrastruttura strategica per lo sviluppo di tecnologie innovative.
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