Trasformare le grandi città cinesi in ‘Sponge cities’ per cercare di arginare gli effetti devastanti delle alluvioni, un fenomeno che solo nel 2010 ha causato circa 700 morti e 300 dispersi. È l’iniziativa lanciata dal Governo cinese nel 2015 che punta a sfruttare le soluzioni più all’avangiardia per riutilizzare entro il 2020 l’70% dell’acqua piovana nell’80% delle aree urbane in Cina. A essere coinvolte sono attualmente 30 diverse città cinesi, tra cui Shanghai, Wuhan e Xiamen che – come si legge sul sito Futurism – hanno ricevuto più di 12 miliardi di dollari di finanziamenti per il progetto. Di questa cifra, però, solo il 15-20% del finanziamento è erogato dal Governo Centrale, il resto proviene da istituzioni locali e investitori privati.
L’esempio di Lingang
Ma in concreto quali sono le soluzioni che verranno adottate nelle città spugna? Lingang, ad esempio, città del Pudong di Shanghai, mira a diventare la più grande realtà urbana “spugna” attraverso tetti innovativi in grado di raccogliere l’acqua piovana e “strade hi-tech in grado di immagazzinare l’acqua di scarico”.
Inondazioni e cambiamento climatico
Ma quello delle città spugna è solo un esempio di un’attenzione crescente della Cina verso le problematiche legate al cambiamento climatico. Inondazioni, alluvioni devastanti sono, infatti, anche legate a questo fenomeno. In questo senso il Paese considera sempre più importante predisporre soluzioni all’avanguardia che mettano la creatività dell’innovazione a servizio di una gestione efficace delle inondazioni.
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