L’incremento spropositato del costo dell’energia degli ultimi mesi ha messo a dura prova la tenuta del sistema economico.
Aumento dei prezzi e dell’inflazione
Studio temporary manager (Stm), società specializzata nei servizi di temporary manager, ha condotto un’analisi secondo cui: quasi sette manager livello C su dieci, hanno dovuto aumentare i prezzi del prodotto finito per compensare l’aumento dei costi.
Inoltre, secondo i dati Istat, i prezzi sono aumentati così come l’inflazione, cresciuta del +6,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Le conseguenze si sentono anche sul carrello della spesa, che secondo un’indagine di Assoutenti, in un solo mese ha visto il costo della pasta aumentare del +15,6% e il pane di poco sotto al 10%.
Unioncamere conferma l’ulteriore incremento dell’inflazione nel bimestre aprile-maggio con aumenti del +3,5%, rispetto a quello precedente, sui prezzi dei 46 prodotti alimentari più richiesti dal mercato e, una crescita su base annua che potrebbe raggiungere il +12,7%.
“È evidente come gli aumenti dei prezzi industriali siano oggi arrivati al consumatore, causando una dinamica inflattiva ma anche una possibile riduzione dei consumi che si riverserebbe a sua volta sulla filiera produttiva”, commenta Roberto La Caria, socio e amministratore delegato di Studio temporary manager. “La dinamica inflattiva ha comportato, inoltre, un aumento dei tassi di interesse applicati al debito, con conseguente aumento degli oneri finanziari a carico delle aziende dimostrando come gli effetti negativi si stiano diffondendo a tutto il sistema economico”.
Quasi la metà dei manager non ha una strategia sul caro energia
Secondo lo studio di Stm, quasi la metà dei manager è molto preoccupato dalla situazione attuale, anche in seguito all’aumento dei prezzi delle materie prime e il 47% dichiara di non avere una strategia chiara a causa di manager inadeguati.
Le conseguenze sulle imprese sono deleterie perché ci sono stati margini di guadagno ridotti per il 45% degli intervistati, o la riduzione della liquidità aziendale (38%); per il 16% l’azienda ha dovuto ridurre l’attività.
Questa situazione, se non dovesse migliorare, secondo il 55% dei manager metterà le aziende nella situazione di aumentare ulteriormente il prezzo del prodotto finito, che si rifletterà inesorabilmente in un calo della domanda.
“Le aziende devono immediatamente reagire per evitare, oltre all’erosione dei margini, anche l’effetto negativo sui flussi di cassa determinato da un possibile calo della domanda e dall’aumento degli oneri finanziari, tale da compromettere in alcuni casi addirittura la continuità aziendale”, continua Roberto La Caria.
Chi è alla guida dell’impresa deve controllare in primo luogo i flussi di cassa e avere un efficace controllo di gestione industriale, per gestire in modo attento i propri costi di produzione e comprendere quali altri costi possano essere contenuti a favore del margine e dei flussi finanziari.
“Eppure, conclude La Caria, come dimostra la ricerca, spesso gli attuali manager sono inadeguati per affrontare una situazione sicuramente straordinaria. In questo contesto, la figura del temporary manager, proprio per la sua esperienza, flessibilità, velocità di intervento e preparazione, oltre ad una maggiore freddezza e lucidità, può avere un ruolo chiave per supportare gli imprenditori in questa fase delicata della vita aziendale”.
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