LAStrategia nazionale biodiversità rappresenta lo strumento attraverso il quale l’Italia intende contribuire all’obiettivo di garantire che tutti gli ecosistemi siano ripristinati, resilienti e adeguatamente protetti. Prevede l’identificazione di una serie di target specifici che indicano la declinazione su scala nazionale delle priorità europee e degli impegni definiti in ambito internazionale, all’interno di aspetti tematici di intervento.

A tale scopo, il ministero della Transizione ecologica ha avviato la consultazione pubblica per la Strategia nazionale biodiversità 2030 che resterà aperta fino al 20 maggio. Risulta quindi necessario richiamare l’impegno congiunto di tutti i soggetti istituzionali, territoriali e delle associazioni ambientaliste nel dare concreta attuazione alle azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.

Per approfondire il tema, Canale Energia ha intervistato il presidente Federparchi, Giampiero Sammuri.

Giampiero Sammuri
Giampiero Sammuri, presidente Federparchi.

Presidente, tra gli obiettivi c’è la richiesta di proteggere e conservare il 30% delle superfici terrestri e marine attraverso sistemi integrati di aree protette. Oltre alla volontà politica, l’efficacia della Strategia da cosa dipenderà?

Oggi abbiamo 24 Parchi nazionali, 135 regionali, 32 Aree marine protette e una rete di oltre 400 Riserve naturali. Questo sistema copre il 10,5 % della superficie a terra e l’8% a mare. Con le aree Natura 2000, esterne alle aree protette, raggiungiamo il 21% a terra e il 16% a mare. Raggiungere l’obiettivo europeo vuol dire aumentare di circa la metà la superficie a terra e quasi raddoppiare quella a mare.

La cosa principale sarà la volontà politica, basti pensare che i parchi nazionali di Portofino e del Matese sono istituiti con legge dal 2017 e ancora non ci sono, così come il consistente ampliamento del parco della Val Grande. Dal punto di vista tecnico l’elenco ufficiale delle aree protette (Euap) è fermo al 2010 e va assolutamente aggiornato, da allora sono stati istituiti un parco nazionale diversi regionali ed aree marine protette. Se non lo facciamo non sappiamo nemmeno da dove si parte.

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Si auspica che entro il 2030, un ulteriore contributo alla lotta al cambiamento climatico dovrà essere fornito sottoponendo a protezione rigorosa gli ecosistemi ricchi di carbonio come foreste primarie e vetuste, torbiere, pascoli, zone umide e praterie marine. Come si potrà attuare questa concezione sistemica utile a creare una nuova forma di prosperità delle nostre aree protette?

Colgo l’occasione per ribadire un altro concetto: si sta consumando una guerra tragica e terribile nel cuore d’Europa, uno dei principali danni collaterali è la distruzione di ambiente e biodiversità. Oltre a questo va assolutamente evitato che, in nome dell’emergenza, in Italia (e in Europa) vengano rimossi i vincoli per la aree naturali protette (come accaduto per il parco di San Rossore), significherebbe vanificare anni di lavoro.

Tornando alla domanda: per prima cosa serve l’inventario di tutti questi ecosistemi con un chiaro riferimento cartografico, per poi lavorare su quelle zone che oggi risultano prive di protezione. La nuova Snb prevede una serie articolata di azioni in termini di mappatura e monitoraggio, è di fondamentale importanza avere il quadro d’insieme del sistema delle aree protette. Certo colpisce che, a fronte di una politica europea ben recepita dalla Snb 2030, il Pnrr abbia previsto solo cento milioni di euro da destinarsi tra l’altro alla digitalizzazione delle attività dei soli parchi nazionali.

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Il documento propone anche strumenti di responsabilità, in particolare per quanto riguarda le strategie e i piani di gestione nazionali, a garanzia dell’effettiva tutela della biodiversità. Quali sono le vostre proposte per intraprendere la conservazione e il ripristino degli ecosistemi in Italia e cosa si dovrebbe fare per tramutarle in azioni concrete, secondo chiari indirizzi programmatici e finanziari?

Come dice la stessa Snb, le aree protette sono uno strumento decisivo (anche se non l’unico) per la conservazione della biodiversità, soprattutto considerando  l’obbiettivo di raggiungere il 30% di superficie protetta.

Però perché possano svolgere a pieno il loro compito sono necessarie alcune azioni:

  • Ricostituire un sistema unico di aree per la conservazione della biodiversità (Parchi nazionali, Parchi regionali, Aree marine protette ed aree Natura 2000) che attraverso un coordinamento nazionale lavorino in maniera coordinata.
  • Parchi nazionali: dare maggiore elasticità alla gestione attraverso un bilancio per budget; permettere, senza aggravio per la spesa pubblica, assunzioni nei parchi di personale, prevalentemente giovane e di profilo tecnico che si possa occupare di biodiversità.
  • Parchi regionali: considerarli totalmente integrati nel sistema e utilizzare finanziamento nazionali per sostenere azioni a favore della biodiversità.
  • Aumentare, potenziare e valorizzare le aree marine protette.

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Freelance nel campo della comunicazione, dell’editoria e videomaker, si occupa di temi legati all’innovazione sostenibile, alla tutela ambientale e alla green economy. Ha collaborato e collabora, a vario titolo, con organizzazioni, emittenti televisive, web–magazine, case editrici e riviste. È autore di saggi e pubblicazioni.