Anche quest’anno, il fiume Po versa in condizioni drammatiche. Ad attestarlo è il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle risorse idriche, rilasciato il 13 aprile. Al rilevamento finale di Pontelagoscuro, la portata del Po è scesa a toccare 338,38 metri cubi al secondo (mc/s), oltre 100 in meno rispetto al minimo storico di aprile. Valore che, oltretutto, è ben al disotto di 450 mc/s, limite per la risalita del cuneo salino. L’ingressione salina, infatti, sta già condizionando la stagione agricola nel delta polesano.
Scarseggiano le riserve idriche in Lombardia
Il 35,3 per cento delle aree agricole irrigue ha sofferto di siccità estrema negli ultimi 24 mesi, stando al bollettino del CNR di marzo. La combinazione “anomalia termica-deficit pluviometrico” ha raggiunto il livello massimo in Emilia-Romagna, Piemonte, Trentino-Alto Adige e in Lombardia, dove manca il 58,4 per cento di riserve idriche rispetto alla media storica e il 12,55 per cento sul 2022. Il deficit di neve si attesta a – 68,8 per cento rispetto alla media.
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Preoccupano i fiumi del nord e i grandi laghi
La portata del fiume Adda rimane sui valori dello scorso anno, a differenza delle portate di Serio, Mincio e Oglio. Quelle di tutti i fiumi piemontesi, ad eccezione della Stura di Lanzo, sono in calo. Preoccupano anche le condizioni dell’Adige in Veneto, mentre in Liguria rimangono stabili i flussi negli alvei di Entella, Magra, Argentina e Vara, l’unica però a vantare un livello superiore alla media mensile.
I bacini montani tra i fiumi Parma e Trebbia (195 millimetri di pioggia caduti nel 2023 contro una media di 365) soffrono di deficit idrico estremo. Tra i grandi laghi, è il Garda quello maggiormente in crisi: rispetto all’anno scorso, al livello del più grande lago italiano manca oltre mezzo metro d’acqua. Anche Maggiore e Lario sono in sofferenza, mentre il Sebino è in lieve ripresa.
L’allarme dell’ANBI e di Utilitalia
“Settimana dopo settimana si aggrava la situazione idrica nel nord Italia con crescenti conseguenze sull’economia e l’ambiente dei territori. Se l’anno scorso, la siccità costò 13 miliardi al sistema Paese, il 2023 si preannuncia peggiore nell’attesa del via operativo a piani e provvedimenti indispensabili per incrementare la resilienza alla crisi climatica”, commenta Francesco Vincenzi, presidente dell’ANBI.
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“Il Decreto Siccità varato dal governo rappresenta un importante passo per accelerare la realizzazione di alcune opere infrastrutturali fondamentali: è necessario, infatti, favorire la resilienza dei sistemi acquedottistici rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici. Le imprese del servizio idrico sono pronte a fare la propria parte: dal 2019 gli investimenti sono saliti da 49 a 56 euro annui per abitante e, nei prossimi anni, i gestori investiranno 10 miliardi di euro aggiuntivi rispetto agli interventi finanziati dal PNRR”, aggiunge il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini. La Federazione ha reso noto che, rispetto al mese sorso, sono scesi da 19 a 13 i Comuni italiani al massimo livello di severità idrica. Si trovano tutti in Piemonte. Altre 165 località si collocano invece al secondo livello (severità media): 124 in Piemonte, 40 in Lombardia e uno in Trentino-Alto Adige.
Luci e ombre al centro-sud
Tuttavia, nemmeno le regioni centrali e meridionali sono immuni al fenomeno. Preoccupano le portate dei fiumi toscani Serchio, Arno e Sieve, così come i livelli dei corsi d’acqua marchigiani e del lago Trasimeno in Umbria che, da quasi un anno, soffre di una gravissima carenza idrica. Il Tevere, nel Lazio, è in buona salute, al contrario dell’Aniene. Se in Sardegna manca più del 10 per cento dell’acqua stoccata, i fiumi campani sono in espansione, così come i volumi idrici nelle dighe pugliesi. In Abruzzo, la pioggia caduta nel mese di marzo è stata superiore alla media mensile, tranne che nella provincia dell’Aquila.
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