La neutralità tecnologica è l’assunto da cui partire per costruire una strategia energetica a ridotto impatto ambientale che tenga conto di tutte le possibilità offerte dal vettore idrogeno, verde, blu e grigio cui si aggiunge la tinta turchese quando questo è ottenuto dalla pirolisi del metano tramite un processo che produce un flusso di H2 puro e carbonio solido. Perché ogni Paese riesca a fissare la propria roadmap per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050, occorre avere chiaro quali sono le risorse geologiche e le possibilità “naturali” di un territorio, quali tecnologie sono già rodate e che posizione hanno sul mercato e fissare un quadro regolatorio e normativo che sostenga la crescita delle imprese. In estrema sintesi: quali sono le soluzioni concretamente e velocemente attuabili per ridurre l’impatto ambientale dei settori più inquinanti – trasporti, riscaldamento immobiliare, industrie “hard to abate”.
La certificazione dell’idrogeno
La definizione dello schema europeo per la certificazione dell’idrogeno verde è sicuramente un tassello importante in questo percorso. Di sfide e opportunità se ne è parlato all’evento digitale “Hydrogen certification“ promosso dalla Fuel cell and hydrogen joint undertaking (Fch JU) insieme a Hydrogen Europe (21 maggio 2021). Galin Gentchev, responsabile delle politiche della direzione generale dell’energia alla Commissione europea, ha anticipato che lo schema avrà “un approccio che guarderà all’intero ciclo produttivo”, “integrerà in ogni livello un’analisi dell’impronta di carbonio”. Ogni prodotto sarà così “marcato” secondo il proprio impatto ambientale.
Jorgo Chatzimarkakis, segretario generale di Hydrogen Europe, ha parlato della necessità di “agire subito” evitando un “approccio troppo burocratico”, che rallenti la sperimentazione di nuovi progetti progetti. Andreas Kuhlmann dell’Agenzia tedesca dell’Energia, ha ricordato che questo nuovo schema dovrà “incastrarsi” con le misure regolatorie e normative esistenti, o in revisione, a livello europeo, tra cui la Red II. “Il problema per una certificazione affidabile”, ha evidenziato, “non è tecnologico ma è il cambio culturale”. Un suggerimento utile alla misurazione, avanzato da Wouter Vanhoudt, direttore per Europa e l’Asia di Hinicio, prevede di “misurare le emissioni di CO2 al punto di consumo”.
Esempi di crescita dell’idrogeno
Alla conferenza virtuale “World hydrogen blue, Ccs & turquoise”, svoltasi ieri, sono stati illustrati diversi esempi applicativi concreti. In Norvegia Equinor sta seguendo la crescita di progetti per la produzione di idrogeno verde. In alcuni casi, ha spiegato Steinar Eikaas, vicepresidente di Low Carbon Solutions, si tratta di idrogeno liquido da impiegare nelle fuel cell delle automobili o da usare per alimentare imbarcazioni. La flessibilità della rete è fondamentale per far decollare questo e altri progetti, come H2M nei Paesi Bassi, che prevede di riqualificare un vecchio impianto, e l’iniziativa legata allo storage dell’energia prodotta con l’eolico in mare nel Regno Unito. L’affidabilità della rete è fondamentale, in UK ad esempio la priorità è decarbonizzare il settore del riscaldamento degli edifici ma “il problema è che la rete è vecchia”.
L’orientamento collettivo, prosegue Eikaas, è di promuovere con l’idrogeno blu la decarbonizzazione di almeno metà del consumo europeo di energia, pari oggi a circa 8.000 Twh.
Di gradualità e di approccio approccio modulare ha parlato Alan James, fondatore di Pale Blue Dot Energy – A Storegga Group Company, che ha illustrato le potenzialità dell’idrogeno nel riscaldamento residenziale del Regno Unito. Nel villaggio di St Fergus “l’85% delle abitazioni usa il gas naturale” e con il progetto Acorn si vuole “sviluppare un impianto di produzione che sia scalabile” e vada gradualmente a rimpiazzare la risorsa con il vettore più pulito. Ma, ha evidenziato, “prima il mercato deve regolato” e “bisogna trovare un modo per supportare le aziende”. “Il mercato energetico come lo conosciamo oggi continuerà ad esserci”, ha sottolineato, “dobbiamo dimostrare che queste tecnologie sono pronte, che i modelli di business sono competitivi, così da supportare chi per primo si sta muovendo”.
Nell’artico la Russia lavora all’utilizzo dell’idrogeno blu, con cattura e stoccaggio di carbonio, e turchese “che è più pulito del blu”, ha spiegato Mikaa Mered che si occupa di hydrogen markets & geopolitics presso l’Hec Paris. “La Russia non fermerà le esplorazioni dei giacimenti di combustibili fossili, dunque bisogna trasformarli in qualcosa di accettabile per la popolazione”.
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