È il primo e unico negozio (fisico) del Nord Ovest d’Italia dove, da quattro anni a questa parte, si possono usare i bitcoin. All’Ullallà di Torino, collocato nella centralissima Via Sant’Ottavio, il proprietario Roberto Malanca ci spiega che ha fatto una semplice scelta di marketing: “Il cliente che vuole provare a usare i bitcoin ha l’Ullallà come unico banco di prova in tutto il Nord Italia”.
Negli ultimi sei mesi, di pari passo con l’incremento del valore della moneta virtuale, c’è stata una crescita degli acquirenti: il bitcoin, “moneta libera nata su internet e su internet così attrattiva”, non è più usata solo da “appassionati che vogliono fare speculazione finanziaria”, prosegue Malanca. “Senza cadere in preconcetti”, ci tiene a sottolineare il titolare, il tipico acquirente in bitcoin è un maschio tra i 30 e i 40 anni che lavora in campo informatico o finanziario o che è appassionato di sicurezza e finanza. Talvolta alcuni papà portano i figli a scegliere un regalo. Dunque, non è più un mercato di nicchia.
“Nel caso di acquisti di basso importo c’è l’ostacolo delle commissioni, che oggi possono toccare centinaia di euro” Roberto Malanca
Se “all’inizio con un bitcoin si potevano comprare al massimo una pizza e una birra”, continua Malanca, in questi giorni (primi di gennaio) ha acquisito un valore che si muove tra i 12 mila e i 16 mila euro. “Nel caso di acquisti di basso importo c’è però l’ostacolo delle commissioni, un elemento che tocca solo questo tipo di cripto valuta” e che può incidere per centinaia di euro sul valore complessivo del prodotto. “Fermo restando che questo ragionamento vale perché continuiamo a ragionare in euro, quando dovremmo iniziare a pensare in bitcoin”. Un po’ come accaduto con il passaggio dalla lira all’euro, quando si facevano moltiplicazioni per trovare gli importi col vecchio conio. Prima di questo ultimo balzo semestrale il discorso era diverso: “Se compravo 100 euro in bitcoin e ne ricavavo 130 nel wallet, quei 30 euro guadagnati li usavo per acquistare qualcosa”.
Perchè le commissioni sono così alte? “Costa sempre di più estrarre bitcoin e, in particolare, la block chain, il meccanimo alla base della compravendita, è diventata lunghissima. Dunque, i costi di rete e i costi dei “minatori” che estraggono la cripto moneta sono più elevati”. Fattori cui si aggiungono: il tasso di estrazione sempre più basso, hardware che operano con algoritmi più pensati e che richiedono sempre maggiore energia e il maggior numero di impiegati nelle mining farm: “In Cina e in Romania vecchie fabbriche sono riconvertite e riempite di computer con sistemi di raffredamento avanzati e costi di produzione e trasmissione spaventosi”. Da dove provengono i ricavi? “Dal numero di monete che si riescono a estrarre”.
“Oggi i costi di rete e i costi dei minatori che estraggono la cripto moneta sono più elevati” Roberto Malanca
Da un punto di vista fiscale, per l’imprenditore “il bitcoin è come una qualsiasi altra moneta: se il cliente decide di pagare in bitcoin la somma va a un intermediario che si occupa di girare l’importo sul mio conto corrente – precisa Malanca – Lo scontrino è emesso in euro, potrei programmare il valore di cassa nella cripto valuta, ma avrebbe un valore puramente simbolico. Il cambio è calcolato sul momento così da evitare rischi con l’accredito differito”.
Oltre ai bitcoin valute all’Ullallà si stanno sperimentando nuovi circuiti di pagamento, come Alipay, riconducibile al sito Alispress, o Satispay, l’applicazione che permette di inviare denaro a qualsiasi contatto della rubrica telefonica. In più “siamo stati i primi a Torino a mettere a disposizione il wifi gratuito, senza bisogno di registrazione. D’estate teniamo fuori una ciotola d’acqua per i cani e una pompa per i ciclisti. E a chi lo chiede forniamo un power bank per non restare sconnessi durante gli acquisti”. Insomma, un’attenzione al cambiamento a 360°.
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