È nata oltre due anni fa con l’obiettivo di scrivere la ricetta dell’economia verde, mettendo a sistema propositi concreti riguardanti l’economia circolare e la fiscalità verde, il contrasto al consumo di suolo e la riqualificazione infrastrutturale. Oggi l’associazione Transizione ecologica solidale, Tes, comincia a raccogliere alcuni frutti del lavoro fatto, soprattutto in ottica di sensibilizzazione ambientale collettiva e di formazione delle professionalità protagoniste della transizione energetica. L’intervista al direttore Michele Fina.
Quali sono le iniziative di ricerca, studio, elaborazione, confronto, formazione, informazione e diffusione che promuovete da due anni a oggi?
La nostra mission è articolata su due pilastri: da un lato la promozione della transizione ecologica, dall’altro delle iniziative che servono perché questa, nel momento in cui si compie, costituisca un’opportunità piuttosto che un problema per le fasce più fragili della popolazione. È fondamentale quindi l’aspetto sociale. Organizziamo tavoli di lavoro con le istituzioni, le imprese e gli stakeholder. Stiamo sviluppando sinergie con alcune regioni per la costruzione di strategie per la transizione ecologica. Abbiamo promosso “Zeroismore”, una serie di incontri sui territori per raccogliere proposte per una nuova legge sul contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione urbana. Assieme all’università di Modena e Reggio Emilia abbiamo lanciato di recente un Master per la formazione di figure professionali altamente specializzate che possano accompagnare organizzazioni pubbliche e private nella transizione ecologica dei modelli di gestione e di produzione.
La crisi climatica ha stipulato un’ipoteca sul futuro del pianeta e, come voi stessi affermate, ha fatto crollare alcuni pilastri della visione democratica e progressista per un futuro sostenibile e circolare. Avete misurato la consapevolezza dei cittadini sule sfide della green economy?
Riteniamo che l’ultimo anno sia stato in questo senso molto importante. È oramai acquisito nel senso comune il rapporto tra la gestione squilibrata delle risorse del pianeta e l’esplosione della pandemia. Questo evento tragico ed eccezionale era stato del resto preceduto da un cambiamento di percezione chiaramente rappresentato dalla nascita e dalla progressiva affermazione del movimento giovanile dei Fridays for future, che segnalava un cambio di passo e la volontà di un’assunzione di responsabilità da parte delle giovani generazioni. La nuova presa di coscienza è frequentemente misurata da rilevazioni di opinione che danno conto, a livello nazionale ma anche internazionale, di una crescente consapevolezza dell’importanza della questione ecologica. Nel complesso il cambiamento è innegabile: l’ambiente non è più un tema di nicchia, che interessa solo una parte minoritaria della società. I cittadini sapranno fare la loro parte se messi nelle condizioni, perciò la mole di risorse in arrivo dall’Unione europea, così come quelle stanziate da altri Paesi e continenti nella prospettiva dell’Accordo di Parigi, è una grande opportunità. A patto, come detto, di non trascurare ma di valorizzare la dimensione sociale.
La transizione ecologica e solidale, vostra priorità, può essere favorita dalla tassazione verde cui sta lavorando la Commissione Ue, che parla appunto di transizione equa, di stimolare le imprese a investire in progetti sostenibili?
È uno strumento che può rivelarsi fondamentale. È chiaro che si dovranno evitare gli errori che talvolta sono stati commessi in passato, ricordiamo i gilet gialli in Francia per aver chiaro che, propositi pure encomiabili, possono scontrarsi con legittimi interessi immediati. La chiave è utilizzare in modo attivo la leva fiscale, rendendo conveniente essere sostenibili, e non un approccio punitivo verso chi non lo è.
Quanto conta l’acquisizione di nuove competenze e la capacità di adattarsi alla continua evoluzione del mercato del lavoro in uno scenario di digitalizzazione, elettrificazione, IoT, cyber attack del sistema energetico?
Conta tantissimo. Storicamente le fasi di rivoluzione dei modelli sociali ed economici portano con sé una parte importante di cambiamento del mondo del lavoro. Nuove competenze, nuovi sguardi, nuove visioni. Qui vediamo intrecciarsi la necessaria accelerazione della transizione verde e di quella digitale. La sfida della transizione è tale anche per il sistema dell’educazione e della formazione, che deve e con rapidità essere in grado di sapersi adattare a un mercato del lavoro che cambia e cambierà con una rapidità probabilmente mai vista prima. Negli ultimi mesi, complice anche la lunga fase di distanziamento fisico che ha accentuato il ricorso a modalità di lavoro da remoto, si è registrato un significativo aumento della richiesta di figure specializzate nel settore informatico e digitale. La combinazione con l’esigenza di accelerare il ricorso a soluzioni sostenibili incrementerà questo aspetto, e creerà a sua volta la necessità di nuove competenze e nuovo valore. Per i giovani, dopo una lunga fase in cui hanno dovuto fare i conti con un mercato del lavoro particolarmente penalizzante, può essere una buona notizia.
Attraverso il dialogo con le istituzioni, ai vari livelli, quali sono le politiche e le misure che sono emerse come indispensabili alla transizione ecologica solidale? Mi può fare uno o due esempi concreti?
Tra le diverse esigenze la riforma degli ammortizzatori sociali è senza dubbio fondamentale, il traguardo dell’universalità è valido e auspicabile sempre, ma diventa indispensabile in una fase storica di grande mutazione del sistema economico. Oggi abbiamo non solo l’esigenza di tutelare i lavoratori nelle crisi aziendali, ma anche di accompagnare le imprese e quindi i lavoratori nei processi di transizione e riorganizzazione.
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