Città smart, città collegata, efficiente, magari anche sostenibile. Con il suo waste management, l’alimentazione green, i bassi consumi… il riuso delle acque.
Tutto ciò deve partire dai cittadini certo, dalle istituzioni indubbiamente, ma sopratutto dagli operatori del settore. Sì perchè non è pensabile che per primo chi dovrebbe gestire o implementare questi servizi non ha idea di cosa voglia dire comunicare o effettuare una interazione su più fronti. È questo il caso del tecnico che li deve manutenere e che prepara le operazioni di controllo nelle ore di punta di un ufficio (pensate all’effettuazione di un reboot della gestione semaforica intelligente nel bel mezzo del traffico cittadino, non voglio neanche immaginarmelo).
Banalità? Forse, ma vedendo come non si riesce non per incapacità, ma esclusivamente per non interesse, a far crescere infrastrutture quasi gemelle allo stesso ritmo, mi pongo il quesito se, ancora una volta, la tecnologia abbia corso più velocemente dell’uomo che non la capisce e dovrebbe governarla.
Beghe tra reparti fin troppo vicini fanno talvolta assomigliare incontri tra industriali a bagarre politiche in Parlamento. Davvero la crescita la governerà solo il più forte e mai la ragione? Davvero è solo l’interesse economico lo scoglio da valicare per avere una infrastruttura efficiente e interoperabile? Non dovrebbe essere questo il ruolo del regolatore: gestire le leve della crescita?
Fatte queste considerazioni credo che per fare una smart city bisogna prima debellare i dinosauri dal pianeta, perché non è vero, non si sono estinti.
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