Da anni il comune di Castrolibero, in provincia di Cosenza, ha avviato un percorso esemplare che lo ha condotto a sottoscrivere il Patto dei Sindaci, prima, e a stilare il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile, poi. A maggio 2014 arriva il premio A+Com da Alleanza per il Clima Italia e Kyoto Club nella categoria comuni tra i 5000 e i 20000 abitanti. Di pochi giorni fa è la notizia relativa al protocollo d’intesa tra Assocultura-Confcommercio Cosenza e il comune per contribuire alla valorizzazione e alla riqualificazione dell’offerta turistica locale. Scopriamo quali sono gli interventi correttivi che consentiranno di ridurre le emissioni di anidride carbonica del polo urbano con un’intervista a Francesco Azzato, ex assessore allo Sviluppo sostenibile e responsabile dell’ufficio unico per la Sostenibilità.
“Castrolibero parte da lontano: nel 2007 fu tra i pochi che si impegnò, nel sud Italia, a sottoscrivere gli Aalborg Commitments (progettati per sostenere le amministrazioni locali nell’affrontare le sfide crescenti della sostenibilità). Ancora prima, tra il 2003 e il 2004, creava le basi per quella che sarebbe stata la sua futura attività: per coinvolgere i cittadini nella realizzazione dei lavori pubblici venivano presentate loro le proposte progettuali – ad esempio relative al rifacimento delle piazze – in modo da instaurare un dialogo e da ricevere consigli ed eventuali migliorie. Dopo la sottoscrizione, il comune ha redatto il Rapporto di Sostenibilità che ha fornito l’occasione per monitorare i dati relativi ai consumi e per stringere rapporti con altri enti. Tra le attività al vaglio c’è oggi la promozione di una borsa di studio comunale per l’intercettazione dei fondi europei: un gruppo di sei attori, formati gratuitamente grazie alla collaborazione con l’università della Calabria, ha la possibilità di partecipare alla stesura di un progetto per il miglioramento del territorio e il recupero delle acque superficiali da convogliare in un sistema integrato che servisse anche i giardini pubblici e consentisse risparmi dal punto di vista energetico”.
Dieci anni in cui Castrolibero ha fatto della sostenibilità la sua bandiera; quali sono gli interventi previsti dal Paes che gli hanno valso questo riconoscimento?
“Successivamente a questa attività promozionale, è arrivato il premio A+Com che è un po’ il contraltare dello European Energy Award, assegnato nel 2013 al comune l’impegno profuso nelle azioni sostenibili. Il bando sul servizio energetico integrato è la struttura portante su cui poggia il Paes: l’edificio efficiente che sarà costruito dalla ditta vincitrice verrà in parte ceduto al comune che lo userà per fini sociali. Gli interventi sul sistema idrico previsti nel piano seguono le iniziative promosse negli anni precedenti: con il kit di valvole per la riduzione del flusso d’acqua, che ha previsto per la prima volta la mappatura della rete idrica del territorio, si è aperta la strada al risparmio d’acqua. Infatti, nella stesura del Piano d’azione per l’energia sostenibile abbiamo tratto le conclusioni di quanto avviato precedentemente, come del progetto Recall, co-finanziato dalla Commissione Europea, che prevedeva il recupero di materiali esausti e la produzione di biodiesel. Inoltre, è ancora viva la volontà di produrre energia tramite il biogas accumulato nella discarica comunale (progetto che, in realtà, aveva ricevuto un finanziamento dalla Regione – poi ritirato – e che non riesce a decollare a causa delle vicissitudini relative alla raccolta dei rifiuti e al controllo della discarica)”.
Avete riscontrato delle criticità? Come sarà possibile risolverle?
“Da questo lavoro sono emersi due problemi: il primo, relativo alla comunicazione e alla pubblicizzazione delle attività programmate e realizzate; il secondo, riguardante la scarsa attenzione e convinzione con le quali le amministrazioni del Sud Italia guardano alla sostenibilità. Il problema tocca principalmente i dirigenti: l’apparato tecnico crede nei principi della sostenibilità, la diffidenza proviene dalla pare direttivo-politica. L’amministrazione, però, ha il compito di appoggiare quelle azioni che puntano all’efficienza e alla riduzione delle emissioni di sostanze nocive. Come? Avallandosi anche della partecipazione di collaboratori esterni e intercettando fondi esterni (non avendo la possibilità di attingere da quelli locali, provinciali e regionali)”.
Pensa che queste best practice siano esportabili in altre città?
“In merito al progetto Recall la Commissione europea ha previsto la scrittura di un manuale che fungesse da guida per gli altri poli cittadini. In quel caso la replicabilità era una richiesta insita al progetto. Tuttavia, è importante analizzare i singoli problemi ed evitare di generalizzare: ogni aspetto va calato nella specifica realtà (in questo è fondamentale il lavoro delle istituzioni locali) per calibrare, secondo il territorio e il livello di ottimizzazione della città, gli interventi correttivi”.
Si può già parlare di smart citizenship?
“I cittadini vivono l’innovazione con diffidenza. Per superare questo scetticismo occorre creare dei canali per colloquiare con l’amministrazione e per far capire quali sono i miglioramenti derivanti dall’adozione di nuove tecnologie. Quando ci si riesce si raggiungono ottimi risultati: il comune fu, ad esempio, tra i primi ad adottare nel 2004 la raccolta differenziata porta a porta e ottenne picchi di partecipazione del 65%. Spesso si nota l’alternanza tra momenti di partecipazione pubblica massiva e momenti di disattenzione cittadina; qui si riscontra la coincidenza con il mancato colloquio e l’assenza di disponibilità dei dirigenti”.
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