Sostenibilità, benessere e riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti. Ecco il “nutrimento” per la città di Brescia che, ancora infante, lavora per diventare più smart. Una sfida, questa, che dovrà coinvolgere tutti i settori della città, a partire dall’amministrativo. “La rivoluzione necessaria a rendere intelligente questa città parte dalla macchina pubblica. Qui il personale ha raramente conosciuto momenti di aggiornamento e integrazione con altri settori, anche a causa del blocco delle assunzioni negli ultimi anni e dei tagli orizzontali” spiega Nadia Busato, Project Manager di Brescia Smart City.
“Le misure di efficientamento necessarie al polo urbano possono essere attuate solo grazie alla professionalità dei lavoratori: la pubblica amministrazione deve, infatti, riformare se stessa e acquisire una nuova metodologia operativa per rendere più partecipi i cittadini e diventare più intelligente”. Una volontà di riforma che, però, deve poggiare su solide basi di finanziamento: “gli investimenti sono prevalentemente privati, perché nella prima fase dei bandi nazionali (legati ai fondi UE 2013-2017) non era previsto l’accesso diretto delle città se non in co-finanziamento”, afferma la Busato.
“I tempi di ritorno sono differenti a seconda del prodotto/servizio e sono stati elaborati dai singoli soggetti nel proprio piano industriale. In questo senso, la risposta ai bandi è stata fatta per lo più mettendo a sistema e concentrando i progetti in avanzata fase progettuale e pronti per la sperimentazione in ambiente urbano”. Quando le difficoltà diventano opportunità è il momento di esportare il proprio modello di lavoro in altri poli urbani: “La replicabilità è il principio chiave per la sostenibilità economica di tutti i progetti smart city, anche di quelli che rispondono a parametri di no profit e/o devono sopperire a costose azioni della PA nel terzo settore. I progetti in sperimentazione a Brescia, poiché imputati a soggetti privati per lo più, hanno tutti una forte connotazione di inimitabilità in altri scenari urbani. Aggiungo, però, che l’orizzonte spesso non è nazionale (dove le amministrazioni presentano vincoli stretti e scarso interesse o capacità di valutazione per gli investimenti in innovazione) ma internazionale, con un occhio di riguardo ai paesi emergenti”.
Ma qui, oltre a parlare dei progetti futuri, bisogna sfatare alcuni miti: “il wi-fi non è sempre la modalità giusta per estendere la connettività” chiarisce la Busato, che prosegue “la politica deve definire il suo approccio rispetto alla visione dell’infrastruttura di connessione: è un diritto che va garantito a tutti o è un mezzo per chi ne ha necessità? Brescia ha scelto di puntare sui servizi alla persona, a livello però di distretto, e sulle scuole valutate come patrimonio comunale; in quest’ottica oltre a dotarsi di una rete in fibra estremamente performante, fornisce agli istituti servizi per la relazione scuola-famiglia e terminali per le aule informatiche connessi a un unico server in cui siano convogliati parametri di sicurezza e di aggiornamento dei software per l’apprendimento”. Una delle priorità per la città sarà quella di fornire nuovi servizi ad un cittadino sempre più esi(intelli)gente “Oggi i cittadini coltivano la smartness, oltre all’intelligenza, che è la pratica quotidiana della libertà di scelta e della responsabilità di azione. Gli utenti sono ormai pronti adesercitare in pieno i loro diritti e a costruire la città in cui vogliono trascorrere la loro vita. Ogni volta che un individuo si pone delle domande su come vivere la propria quotidianità, immediatamente acquista consapevolezza ed esercita la libertà di decidere come investire tempo ed energie in azioni che abbiano una ricaduta anche sugli altri”.
Questa capacità critica, quindi, sarà continuamente alimentata “dalla smart city che diventa un propulsore per la formazione critica del cittadino capace ormai di elaborare continue sollecitazioni all’efficienza, quesiti sulla sostenibilità e proposte per far compenetrare virtualità e realtà”.
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