“Un utente generalmente vocato alla multimodalità, abituato ad utilizzare altre forme di mobilità condivisa, come il bike sharing”. E’ questo l’identikit dei fruitori dei servizi di carsharing delineato da due casi studio, relativi a Milano e Torino, realizzati dal Politecnico di Torino in collaborazione con la società Swg nell’ambito del progetto Stars, iniziativa sulla sharing mobility finanziata dalla Commissione Europea con il programma Horizon 2020. “Un aspetto interessante emerso dall’indagine – ha aggiunto l’ingegner Andrea Chicco che ha curato i dati – è che l’utilizzo del car sharing spinge anche ad un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale, soprattutto laddove l’infrastruttura di quest’ultimo è estesa e capillare”.
Effetti sul numero delle auto
Alcuni effetti legati alla diffusione del carsharing si fanno sentire anche sul numero di auto di proprietà, ma “in maniera molto contenuta” a differenza di quanto avviene in altri Paesi partner del progetto, come la Germania. “È tuttavia da specificare – spiega in una nota del progetto – che i modelli di car sharing sono diversi, con una netta prevalenza in Italia dei servizi cosiddetti “free floating” (ovvero senza una stazione fissa e quindi più adatti per tragitti di sola andata) mentre nel Nord Europa questi si affiancano ad altre soluzioni consentendo di attrarre tipologie di utenti diverse e quindi incrementare le ricadute positive. Anche quest’ultimo punto potrebbe spingere a delle riflessioni sui modelli operativi e di business da favorire”.
Dal progetto Stars un kit per i policy maker
Nei 30 mesi che sono trascorsi dall’avvio del progetto il consorzio, composto dal Politecnico di Torino come capofila e da altri otto partner rappresentativi del mondo accademico, dell’automotive (GM Global propulsion systems – Torino Srl), delle pubbliche amministrazioni e delle associazioni dei provider dei servizi di car sharing in cinque Paesi europei, ha delineato un quadro di questi servizi in Europa, analizzandone i diversi modelli organizzativi e di business e l’impatto sull’industria automobilistica. E’ stata studiata anche la modalità con cui i comportamenti e le preferenze individuali incidono sui diversi modelli, per poi sviluppare degli scenari che prendano in considerazione anche la co-modalità, ad esempio con i servizi di trasporto pubblico. Al termine del percorso tracciato dal progetto, verrà realizzata una “cassetta degli attrezzi” per i decisori politici che sono responsabili della mobilità soprattutto nelle grandi aree urbane, e che sarà disponibile dopo il mese di maggio.
Studiare i modelli di mobilità condivisa vincenti
“Crediamo che capire, sulla base delle peculiarità del contesto locale, quali sono i modelli di mobilità condivisa più adatti da applicare in una determinata area urbana e quali politiche possono essere messe in atto per favorire il massimo beneficio per la collettività sia molto importante nell’ottica di promuovere centri urbani più vivibili dal punto di vista del traffico e della qualità dell’aria, tema che in questo periodo dell’anno si impone all’attenzione pubblica”, afferma il coordinatore del progetto, il professor Marco Diana del Dipartimento di ingegneria dell’ambiente, del territorio e delle infrastrutture del Politecnico di Torino.
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