L’esempio virtuoso di antichi sistemi di gestione efficiente dell’acqua nel giardino pantesco Donnafugata sull’isola di Pantelleria o in quello della Kolymbethra nella valle dei templi di Agrigento. E’ questo il terreno da cui è partito l’input per concretizzare il connubio tra la tutela dei beni ambientali e la testimonianza di un uso responsabile della risorsa idrica che viene dal passato. Un connubio che si è tradotto nel “Patto per l’acqua”, lanciato a fine Novembre del 2018 dal FAI- Fondo Ambiente Italiano con l’intenzione di accendere i riflettori sull’importanza di un approccio sostenibile a questa preziosa risorsa. A parlare del progetto sono stati Daniele Meregalli e Costanza Pratesi del FAI, intervenuti questa mattina a Milano in occasione della presentazione dei dati della seconda edizione del Water Management Report redatto dall’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano.
Una strategia nazionale per l’acqua
“Il patto per l’acqua – ha spiegato Pratesi – nasce dalla volontà di portare anche all’attenzione del mondo politico la necessita di una strategia nazionale per questo settore, analogamente a quanto avviene per il comparto energetico con la Sen. Per ottenere questi obiettivi il FAI ha cercato di coinvolgere un insieme di stakeholder trasversali a più settori per creare un patto comune di convergenza che si traducesse in una serie di proposte concrete”. L’obiettivo è in particolare quello di “favorire le buone pratiche e promuovere norme concrete volte a incentivare il riciclo e il risparmio dell’acqua”.
Promuovere resilienza
L’iniziativa punta ad “aumentare la resilienza del modello di gestione idrica in una prospettiva che valuta l’impatto dei cambiamenti climatici, fenomeni che potrebbero rendere sempre più difficile l’accesso all’acqua”, ha spiegato Meregalli. Per concretizzare quest’approccio “è necessario uscire da una logica dell’emergenza” per passare a “una logica di sistema”, volta ad affrontare in un’ottica di lungo periodo le criticità legate al riscaldamento globale. In questo senso l’acqua deve essere intesa come una “metafora per favorire nuove prospettive di rinnovamento tecnologico”, ma anche per costruire forme di cittadinanza capaci di riconoscere un nuovo valore a questa risorsa.
Dialogare con la politica
Tanti gli ambiti in cui si vogliono fare proposte. Si va dalla promozione del monitoraggio dei prelievi idrici, alla sensibilizzazione della cittadinanza, al riuso della acque piovane, alla questione della impermeabilizzazione del suolo, fino all’invarianza idraulica e alla proposta di una certificazione di efficienza analoga a quella del settore energetico. Tutti temi su cui si concentreranno i prossimi step del progetto che punta inoltre ad accrescere le adesioni.
I dati del Water Management report 2018
L’importanza di un approccio efficiente e circolare alla risorsa idrica è stato il fil rouge di tutta la mattinata, declinato anche dai numeri della seconda edizione del Water Management Report del Politecnico che tra i tanti temi affrontati ha tracciato anche un quadro degli investimenti del settore idrico.
Dallo studio emerge in particolare come per quanto riguarda il settore civile il nostro paese si caratterizzi per un quadro fatto di luci e ombre. Nel quadriennio 2016-2019 sono stati stanziati infatti 12,7 miliardi di investimenti in soluzioni e tecnologie per la gestione idrica. In particolare nel solo 2018 sono stati messi a piano circa 3,5 mld di investimenti per questo comparto, un valore in crescita del 10% rispetto all’anno precedente, per lo più coperto da tariffa. Tuttavia qualche criticità si rileva nel passaggio dai piani agli investimenti concreti: solo il 35% di questa somma, pari al 800 mln, si è tradotto in un investimento reale nel quadriennio in esame. A ciò si aggiunge il fatto che il 50% dei progetti non è stato ancora avviato e solo il 5% è stato completato.
Tra pubblico e privato
Tra i temi emersi nel corso della mattinata anche la dicotomia pubblico privato alla luce del dibattito sulla proposta di legge 52 sulla gestione pubblica del ciclo idrico integrato attualmente in discussione in Parlamento. “Il provvedimento – ha spiegato Davide Chiaroni vicedirettore dell’Energy&StrategyGroup del Politecnico di Milano – si propone di riportare il servizio idrico integrato sotto il controllo pubblico eliminando sia le gestioni di imprese private sia quelle delle società per azioni, anche quando pubbliche. Questo ritorno alla gestione pubblica è giudicato non privo di rischi dagli operatori, perché significherebbe perdere sia l’autonomia gestionale degli investimenti e l’ottica con cui sono stati affrontati nell’ultimo periodo sia l’effetto di aggregazione che l’evoluzione dei gestori di ATO ha garantito nell’ultimo periodo”.
“Non intendiamo sostenere che la parte pubblica non sia in grado di gestire degli investimenti – ha sottolineato Chiaroni – è ovvio, che la parte pubblica ha dimostrato di avere le competenze giuste per fare questo tipo di operazione. E’ chiaro, però, che questa modifica organizzativa porterebbe a un transitorio complesso e a una maggiore variabilità sull’esito dei processi”.
Digitalizzazione e gestione dei dati
A dar voce, nel corso dell’evento, ad aziende e associazioni del settore due tavole rotonde da cui è emersa l’importanza di sfruttare le potenzialità del digitale in ottica di efficienza.
Big data e IoT sono quindi considerati elementi chiave per promuovere un monitoraggio predittivo delle infrastrutture idriche, strumenti in grado di svincolare l’intervento dall’urgenza di danni contingenti per adottare una visione predittiva di lungo periodo.
In quest’ottica la gestione dei dati diventa centrale, ma anche la loro sicurezza. Su quest’ultimo tema in particolare il settore deve maturare ancora una consapevolezza adeguata.
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