L’Italia ha un parco scientifico e tecnologico in quasi ogni regione. Sono circa quaranta le strutture lungo tutto lo stivale. Di queste ventitrè sono parte della Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani (APSTI). Una realtà che raccoglie molta della capacità innovativa del nostro paese e che può giocare un ruolo importante sia nel rafforzamento della competitività industriale e scientifica italiana che nello sviluppo di opportunità di lavoro. Tutti aspetti che oggi possono fare molto per rispondere alle sfide della sostenibilità Ne abbiamo parlato con il presidente Fabrizio Conicella.

Nella sfida per la sostenibilità ambientale la tecnologia e i Parchi tecnologici possono giocare un ruolo strategico?

A parte i parchi con focus specifico su tematiche di impatto ambientale, ad esempio Environment Park a Torino, tutte le strutture condividono un approccio che vede l’innovazione non come fine a sé stessa ma come elemento di progresso. Inteso come volto a portare la qualità della vita a un livello migliore. Il rispetto ambientale da questo punto di vista è un elemento fondamentale della qualità della vita.

Non esiste un’iniziativa comune a tutti i parchi, ma questi, quasi spontaneamente, si sono allineati su approcci gestionali degli spazi e su stimoli all’innovazione delle imprese il più possibile rispettosi dell’ambiente e della sua bellezza. Questo ha fatto sì che l’impatto ambientale al centro delle riflessioni e delle progettualità. Non solo per motivi etici ma anche pratici. Il mondo e i mercati sono cambiati e prodotti e tecnologie non rispettose dell’ambiente hanno molte più problematiche di un tempo nel raggiungere gli utenti finali.

C’è anche un ruolo dei parchi come sistemi agenti nell’ambiente. Come tali guardano ai consumi energetici, alla gestione dei rifiuti, ai potenziali inquinanti e all’ottimizzazione delle performance ambientali delle attività come tematiche da affrontare e risolvere con e per conto dei soggetti che ne compongono la comunità. L’attenzione all’impatto ambientale delle tecnologie e delle innovazioni sviluppate si accompagna all’attenzione delle modalità con cui le stesse tecnologie sono sviluppate. I parchi si sono dotati, nel tempo, di sistemi di monitoraggio diffusi sia come edificio (building management system) sia come sito (site management system). Questi sistemi permettono di controllare gli ambienti e di gestirli in modo proattivo per minimizzare i consumi. L’adozione di tecnologie a basso impatto (illuminazione a LED, solare, cogenerazione avanzata) si accompagna a soluzioni più semplici come, per esempio, quella di acquistare energia solo se prodotta da fonti rinnovabili. Esistono quindi molte sinergie interne al parco che, nel complesso, tendono sia a diminuire i costi “comuni” sia a ridurre l’impatto sull’ambiente.

Come associazione state valutando una sinergia di tematiche in base alle specifiche dei diversi luoghi? Penso ad argomenti come la mobilità, i prosumer, le comunità energetiche l’efficienza negli edifici?
Tutti i parchi condividono lo stesso approccio strategico che è quello di stimolare la crescita economica e le opportunità di lavoro in generale, con aumento della competitività. Esistono parchi generalisti e altri specializzati su uno o più settori industriali, dipende anche da eventuali specifiche o esigenze del territorio.

Gli assetti sono simili. Solitamente i parchi gestiscono un’area fisica favorendo l’insediamento di imprese che siano start up o realtà con già alcuni anni di vita generalmente specializzate in attività di ricerca e produzione prototipale. In molti casi ospitano anche laboratori del Cnr favorendo l’integrazione tra più risorse.
Storicamente rappresentano quel passaggio dalla ricerca universitaria allo sfruttamento industriale delle innovazioni. L’obiettivo è sopratutto l’aumento delle dimensioni dell’impresa, non tanto seguirne la nascita. Cosa che li pone in un ruolo diverso e non concorrenziale con gli incubatori.
Un ruolo che oggi è ancora più strategico per il rilancio nella innovazione industriale, visto lo scarso tasso di crescita del sistema Italia. Il nostro paese è caratterizzato da un grande numero di star-up innovative, circa 5mila, ma molte poche riescono a crescere e qui entrano in gioco i parchi.

Quali sono le vittorie o le sconfitte di questi ultimi anni?
La storia dei parchi ha subito alti e bassi negli anni. C’è stata una forte crisi circa dieci anni fa, dovuta sopratutto a problemi legati alle società di gestione. Oggi si opera nel mercato e il metro di misura è dato dalla vendita di qualcosa di valore.

Come vittorie ce ne sono state molte. Da imprese che partite come microimprese sono poi state vendute a multinazionali per cifre importanti, a piccole iniziative che sono giunte in borsa; da progetti di ricerca che hanno portato a risultati eccellenti a iniziative di formazione che hanno accompagnato il tessuto imprenditoriale nel cambiamento verso i nuovi paradigmi produttivi di industria 4.0; dalla creazione di importanti laboratori pubblico-privati alla realizzazione di iniziative di stimolo alla crescita delle start-up riconosciute come esempio a livello internazionale. Vi sono state anche sconfitte, ma queste sono ineliminabili se si vuole agire per migliorare l’ambiente competitivo.

Le sconfitte sono i fallimenti di start-up promettenti, risultati di ricerca che non vengono adeguatamente sfruttati, relazioni con i soci all’interno della società di gestione che non vedono un reale allineamento della visione. Ma, in tutta onestà, abbiamo avuto più vittorie che sconfitte. Sfide ne abbiamo sempre: i parchi vivono affrontando e creando sfide. In questo momento, secondo me, la sfida maggiore è comprendere come massimizzare l’impatto positivo di tutte le attività innovative realizzate non solo nei parchi. Al “sistema Italia” servono non solo più start-up, ma start-up che crescono. Occorre tornare ad un certo spirito rinascimentale di sperimentazione e realizzazione in cui si pensa realmente al bene dei nostri figli e al fatto che è nostro compito etico lasciare loro un ambiente e un ecosistema migliore di quello che abbiamo trovato noi.

Quali sono le sinergie tra parchi ed esigenze del tessuto sociale? Comuni o regioni possono fare riferimento a voi per lo sviluppo di alcune peculiarità sul territorio? E voi alle istituzioni?
I modelli e le esperienze sono molteplici. I parchi spesso sono stati realizzati o con fondi europei o con investimenti di tipo privato. Vivono in contesti sociali e ambientali diversi. Chi in centri urbani chi in ambienti rurali. Sono obbligati a creare delle relazioni con il tessuto sociale locale. Le imprese che vi si insediano impiegano addetti locali, i fornitori sono locali, i soci, spesso pubblici, rappresentano autorità locali. Le relazioni con gli attori pubblici e privati locali non sono eludibili. Possono essere complesse, in particolare dove il parco non rappresenta le vocazioni industriali tradizionali di un territorio ed è stato avviato come elemento di rottura da queste, ma la complessità si supera con impegno e apertura da entrambe le parti. Allo stesso modo le istituzioni sono un ineludibile interlocutore per la definizione della visione di sviluppo del parco e per l’avvio delle iniziative maggiormente strategiche.

Avete rapporti con realtà simili all’estero?
La natura dei parchi è avere una visione globale e non solo locale, il che porta a sviluppare competenze legate non solo all’industrializzazione. Tutti i parchi hanno contatti con attori internazionali, partecipando anche a reti tra più nazioni. Probabilmente siamo uno dei sistemi maggiormente internazionalizzati nel paese. Come associazione siamo soci di IASP., l’associazione internazionale dei parchi scientifici; un insieme di oltre 500 attori localizzato in tutti i paesi e le regioni del mondo. Un patrimonio di esperienze e conoscenze unico. Molti parchi hanno collegamenti con partnership in Cina o Stati Uniti.

Come associazione quali sono le vostre prossime sfide in agenda?
Obiettivi e ambizioni ne abbiamo molti. Ci piacerebbe riprendere e riaffermare un ruolo associativo verso attori regionali e nazionali sul tema della crescita delle imprese innovative. Per fare questo dobbiamo ricostruire una serie di relazioni, anche di alto livello, su gli interlocutori. Stiamo avviando diverse analisi per valutare quanto realizzato e riprendere concretamente una relazione con i nostri contatti internazionali. Vogliamo fare di più per valorizzare le esperienze dei singoli parchi che altrimenti si presentano come eccessivamente frammentarie e disorganiche, costruendo progetti che coinvolgano parchi diversi. Un lavoro strutturato in gruppi volto ad aiutare i singoli soci a realizzare e promuovere le proprie capacità innovative. Vogliamo sviluppare attività di marketing per un posizionamento nazionale e internazionale.
Riaffermare il nostro ruolo è solo il primo obiettivo su cui cementare nuovi strumenti per essere utili agli associati e diventare un elemento di competitività.


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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.