Cicloturismo lungo i corsi d’acqua. È stato firmato in questi giorni un accordo finalizzato allo sviluppo di iniziative e programmi di ricerca per lo studio delle relazioni tra la rete nazionale dei corsi d’acqua e la rete delle ciclovie regionali e nazionali. I firmatari sono Anbi-Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue, il dipartimento di Architettura e design del politecnico di Torino; Cirem-Centro interuniversitario di ricerche economiche e di mobilità dell’università di Cagliari; e Fiab-Federazione italiana ambiente e bicicletta.
Dott. Francesco Vincenzi, in qualità di presidente Anbi, perché ritiene si sia palesata l’esigenza di siglare questo nuovo accordo?
Il reticolo idraulico minore, vale a dire circa 200mila km di corsi d’acqua con il corollario di bacini artificiali e oasi naturalistiche, rappresenta uno straordinario giacimento per un turismo sostenibile, le cui potenzialità si stanno scoprendo solo ora. La sua fruizione, però, deve essere compatibile con i compiti primari, legati soprattutto alla salvaguardia idrogeologica e alla gestione dell’acqua per l’agricoltura. Da qui la necessità di avviare un confronto per definire le regole, evitando conflitti d’interesse.
In maniera spontanea, le sommità degli argini sono diventati luoghi di frequentazione pubblica, ma le norme continuano spesso ad identificarli solo come passaggi a servizio della manutenzione idraulica. Un grosso impulso al recupero di un corretto rapporto fra comunità e vie d’acqua viene dalla Settimana nazionale della bonifica e dell’irrigazione che, anche attraverso ciclopasseggiate, sta abituando la gente a riappropriarsi di un patrimonio pubblico, che però va rispettato. Da qui la necessità di scrivere regole nuove.
I consorzi di bonifica possono svolgere un ruolo strategico in questo lavoro di recupero?
Canali e corsi d’acqua naturali sono l’habitat dei consorzi di bonifica e di irrigazione, valorizzarli significa valorizzare anche il lavoro delle migliaia di persone che quotidianamente li sovrintendono. I consorzi non solo sono istituzioni trasparenti e con le porte aperte ai cittadini, stavolta aprono anche le paratoie: è un’immagine, dietro cui sta la cultura di un nuovo modello di sviluppo, al cui centro c’è il territorio ed i suoi valori ambientali, paesaggistici.
Questo accordo vuole aiutare a distinguere ruoli e responsabilità e snellire la vigilanza dei corsi d’acqua?
È proprio per questo che è stato siglato l’accordo: i consorzi di bonifica hanno precisi compiti istituzionali che vanno dalla prevenzione delle alluvioni all’irrigazione, dalla salvaguardia ambientale alla produzione di energia rinnovabile fino alla tutela della salubrità alimentare. Non possono trasformarsi anche in enti di vigilanza sulla fruizione delle vie d’acqua.
Quale legame potrà sussistere con il sistema nazionale delle ciclovie turistiche, 6mila chilometri in bicicletta con cui il governo vuole promuovere le bellezze naturali e archeologiche italiane?
Un legame strettissimo, perché la rete di bonifica, in buona parte già frequentabile in sicurezza, può offrire scorci incomparabili in luoghi ameni, spesso discosti dalle grandi direttrici del traffico.
Il recupero delle strade arginali di fiumi, torrenti, laghi e canali a fini ciclabili può essere molto oneroso. Come e dove reperire le risorse necessarie?
Finora, quanto è stato fatto è ricaduto perlopiù sui bilanci degli enti consortili, pur usufruendo anche di locali contributi pubblici. È evidente che se l’utilizzo delle strade arginali diventa propedeutico a richiamare nuovo turismo, esso dovrà rientrare in un piano nazionale di investimenti, guardando anche alle risorse comunitarie.
Stimolare questa forma di turismo sostenibile potrebbe stimolare la ripresa del settore turistico-ricettivo italiano?
Sicuramente sì come già avviene per i paesi nordici. Tale turismo, peraltro, è generalmente acculturato e con capacità di spesa. L’utilizzo della bicicletta non è una scelta residuale, ma un’opzione culturale nel segno della sostenibilità. Anche in questo, l’Italia può offrire opportunità uniche. È una sfida in cui i consorzi di bonifica vogliono giocare un ruolo da protagonisti, ma non possono essere i soli.
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