Flessibili e calati nel territorio. Così si presentano i servizi di ride sharing dinamico frutto della combinazione tra innovazione tecnologica e analisi della domanda che, senza bisogno di nuove infrastrutture e senza sovrapporsi, riescono a rispondere alle esigenze dei cittadini, in particolare, dei lavoratori.
Applicabili e idealmente replicabili nelle piccole e grandi città, come nelle “aree a domanda debole” soggette a fluttuazioni della richiesta. Emergono come alternative sostenibili grazie all’incontro fortunato tra soggetti pubblici e privati interessati a raccogliere e analizzare il flusso di dati sulla domanda di trasporto.
Best practices di mobilità
Guardando alla mobilità sostenibile con un approccio scientifico e olistico c’è Mvmant, il software adottato a Ragusa, Mestre e Dubai per l’ottimizzazione del trasporto pubblico locale che sfrutta l’intelligenza artificiale e il machine learning per l’analisi predittiva della domanda. Come spiega uno degli ideatori Riccardo D’Angelo, intervenuto in sede d’evento.
Oppure il servizio ChiamaTaxi di Roma Capitale, ad oggi con 300 iscritti, che verrà rinnovato per garantire un minor tempo d’attesa del cliente e un maggior numero di chiamate intercettate dai taxisti. Un servizio pensato per i 700 dipendenti del Campidoglio dove il numero di parcheggi è limitato e non esistono valide alternative. Maggiori dettagli nell’intervista ad Andrea Pasotto di Agenzia Mobilità Roma Capitale.
Per rendere le città più vivibili la tecnologia non basta. Nel Tridente di Roma gli impiegati delle aziende non riescono a raggiungere il luogo di lavoro perché il trasporto pubblico è inefficiente, la zona è a traffico limitato (ZTL) e non c’è un numero sufficiente di parcheggi che renda appetibile il car sharing elettrico. Dallo studio condotto sulla zona è emerso, ad esempio, che le persone non sono interessate ad arrivare in bici e valutano la possibilità di condividere un passaggio in navetta o taxi. Ad evidenziarlo il delegato del rettore di Roma Tre per la mobilità sostenibile, Stefano Carrese, direttamente coinvolto nell’analisi degli spostamenti casa-lavoro.
Il ruolo chiave del mobility manager
Fondamentale in questo processo di gestione della domanda e calibratura dell’offerta la figura del mobility manager e il dialogo con gli stakeholer coinvolti. Punto focale del lavoro è la garanzia di convenzioni o scontistica presso aziende di trasporto pubblico e privato: Giuseppe Inturri, Professore dell’Università di Catania con delega di Mobility manager, ha anticipato in sede d’evento che dall’anno accademico 2018/2019 gli universitari regolarmente iscritti presso l’Università di Catania non pagheranno l’abbonamento al trasporto pubblico. Una “conquista” frutto del dialogo tra le imprese, che hanno deciso di scontare l’abbonamento, e l’Università, che si è fatta carico della cifra residua.
Eppure questa figura risente della mancanza di “riconoscimento”: a oltre vent’anni dalla sua istituzione con il Decreto Ronchi non ha ancora la giusta incisività nella pianificazione degli spostamenti, come rimarcato da Stefania Angelelli, Mobility Manager dell’Università Roma Tre e di Fox Italia. Anzi, talvolta è vista come un costo, ha evidenziato Fabio Ballerini di Sace, o è assente lì dove sarebbe strategica come presso la stessa Università Gregoriana, ha affermato Marco Estrafallaces.
L’urgenza della revisione del decreto emerge quando si pensa al forte impatto ambientale del settore trasporti, alla minaccia che incombe su sicurezza e salute del lavoratore, allo stress che ne mina la produttività. Molte aziende o enti non comprendono che il dialogo con i Mobility Manager e l’adozione di soluzioni innovative rappresentano sì un costo iniziale ma anche un risparmio nel lungo periodo. I fenomeni botton-up non trovano forza uguale e contraria: c’è ancora poca comprensione e scarso dialogo con figure dirigenziali e istituzioni, assenti difatti in sede d’evento. Infine, resta un dubbio da dirimere: i mezzi usati per il ride sharing sono elettrici, ibridi, a GPL o metano?
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