Sfruttare un colorante fluorescente per individuare le microplastiche disperse negli oceani. E’ la soluzione proposta da un team di ricercatori dell’Università di Warwick, nel Regno Unito, che ha dimostrato – dopo numerose prove su diversi tipi di polimeri plastici – come questa sostanza, denominata “Nile Red”, si illumini in maniera selettiva e mirata quando entra in contatto con determinati prodotti chimici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Environmental Science and Technology“.
La sperimentazione
Il primo step degli scienziati è stato quello di verificare, durante la sperimentazione, che il colorante non identificasse anche prodotti simili alle microplastiche come ad esempio sostanze grasse o piccoli frammenti di legno, per questo il team di studiosi ha deciso di lavare delle particelle analizzate con acido nitrico, una sostanza efficace nella “digestione” di tutti i tipi di materiale biogenico.
Il passo successivo è stato il prelievo di campioni di sabbia e di acqua sulla costa della città di Playmouth e il confronto tra i rilevamenti ottenuti con metodi tradizionali e quelli dati dalla nuova colorazione fluorescente. Il risultato è stato quello di riuscire a rilevare una quantità maggiore di microplastiche inferiori a 1 millimetro (0,04 pollici) rispetto a quella ottenuta con i metodi tradizionali. In particolare dalle analisi è emerso come la tipologia di plastica più presente fosse il polipropene, un polimero che viene utilizzato, tra i tanti usi, anche per diversi tipi di packaging e per le banconote.
Ottenere dati sulla diffusione di microplastiche
“Usando questo metodo, un’enorme serie di campioni può essere visualizzata e analizzata molto rapidamente, per ottenere grandi quantità di dati sulle quantità di microplastiche di piccole dimensioni nell’acqua di mare o in qualsiasi campione ambientale“, afferma l’ecologista Ernico Cassola sul sito Science Alert.
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