Ognuno di noi, ben più di una sola volta nella vita, è incappato in cantieri stradali per la manutenzione delle reti nel sottosuolo che hanno comportato rallentamenti alla circolazione stradale e interruzione dei servizi alle utenze limitrofe.
A ovviare a questi inconvenienti sono le trenchless technology (o soluzioni “no dig”). Si tratta di tecniche e tecnologie ce consentono di posare, sostituire o riparare una conduttura sotto il manto stradale senza dover fare uno scavo a cielo aperto.
“Potremmo paragonarle a interventi di microchirurgia”, secondo il presidente dell’Italian Association for trenchless technology (Iatt), Paolo Trombetti.
L’associazione, in particolare, è intervenuta nel corso della fiera GeoFluid di Piacenza il 16 settembre organizzando due convegni (in presenza) per approfondire l’utilizzo delle soluzioni no dig.
In quest’occasione Trombetti ha sottolineato che scavare una trincea comporta, ad esempio, la manomissione del manto stradale, eventuali danni alle attività limitrofe, movimentazione di materiali, terreno e macchinari con dispendio di energia e consumo di carburante.
E poi c’è la sicurezza degli operatori. Un cantiere con tecnologie no dig è estremamente più piccolo rispetto a uno tradizionale, comporta meno operazione e minor esigenza di personale. Dunque, “le trenchless riducono gli incidenti sui cantieri fino al 70% (fonte Inail) per la drastica riduzione dello scavo”, secondo le slide proiettate a Piacenza dal presidente Iatt.
Cantiere tradizionale Vs cantiere no dig
Per fare degli esempi più precisi, è stato fatto un parallelo tra un cantiere tradizionale e uno con trivellazione orizzontale controllata (tecnica no dig) per la posa di una condotta di 1.000 metri con un diametro di 110 mm.
Ebbene, il rapporto relativo al numero di camion necessari per lo smaltimento del materiale di risulta è di 50 dei cantieri tradizionali rispetto ai due di quelli con Toc. Ancora, 450 mc di materiale per richiudere gli scavi classici contro i 5,5 mc della Toc, oltre al 50% di risparmio sui costi energetici.
Se si considera l’installazione di una tratta di 150 metri, inoltre, secondo i dati presentati da Iatt (Toc vs scavo tradizionale), con la soluzioneno dig si ottengono: -29% di costo d’installazione, -74% di costi legati al traffico veicolare, -74% di costi legati all’impatto ambientale del cantiere.
La Toc compie 50 anni
Proprio la trivellazione orizzontale controllata, è stato ricordato nel corso degli eventi di Piacenza, ha compiuto quest’anno 50 anni di età.
Per l’occasione sono stati dati dei cenni storici: “La metodologia è considerata una evoluzione della perforazione deviata nata in campo petrolifero nel 1930.
Quest’ultima consiste nell’eseguire un pozzo verticale fino a una certa profondità e, successivamente, effettuare una deviazione di direzione con un certo angolo. La Toc (o Hdd dall’acronimo inglese) si sviluppò in particolare agli inizi degli anni ’70 negli Stati Uniti, quando Martin Cherrington (fondatore della Titan Contractors) intuì che le punte che avevano il ‘difetto’ di deviare dall’asse rettilineo (e che sino ad allora venivano scartate dalla produzione) gli avrebbero permesso di realizzare il primo vero e proprio attraversamento del fiume Pajaro lungo un percorso curvilineo, installando una tubazione di acciaio di 100 mm di diametro e 187 metri di lunghezza. È da allora che è nata l’Horizontal Directional Drilling (O Toc nell’acronimo italiano), così come lo conosciamo oggi”.
In conclusione, il presidente Trombetti ha ricordato che le trenchless technology concorrono a sette degli obiettivi previsti dall’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile.
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