Nel 2020, il fatturato dei servizi di pubblica utilità del Mezzogiorno è giunto a quasi cinque miliardi di euro, ovvero il 21% dell’intero fatturato prodotto a livello nazionale dalle aziende attive nei settori idrico e del servizio ambientale.
Se si considera quello complessivamente attivato dalle utilities attive nel Mezzogiorno considerate (241 aziende del sud), è pari a circa 11 miliardi di euro su scala nazionale. In Italia, per ogni euro di produzione realizzato nel Sud dalle utilities esaminate se ne attivano circa 2,2.
Questi alcuni dei dati emersi nel “Rapporto Sud” di Utilitalia e Svimez, presentato oggi 21 giugno a Napoli, sugli impatti relativi agli investimenti finanziabili dal Pnrr per contribuire al superamento del service divide e all’influenza degli effetti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche.
In sei regioni su otto del Mezzogiorno, l’attivazione di valore aggiunto, calcolata sul Pil regionale, è uguale o superiore al punto percentuale. In termini di incidenza sul Pil, si va da un valore minimo dello 0,5% in Calabria a un massimo dell’1,6% in Puglia.
Le regioni del sud sono attivatori di produzione e occupazione anche per le regioni del centro-nord.
Nelle regioni del sud, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle utilities locali si attivano dai sette ai 10 addetti e, accanto ad essi, si creano due o tre posti di lavoro aggiuntivi nelle regioni del centro-nord.
Inoltre, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle utilities meridionali, in media, una quota del 30% del valore dell’attivazione di occupazione interna delle regioni meridionali va a beneficio delle regioni centro-settentrionali.
Dai dati dell’Istat del 2019, emerge che di quasi 290mila addetti nel comparto delle utilities, oltre 93mila sono impiegati nelle unità locali delle regioni meridionali e le rimanenti nel centro-nord.
Le proposte di Utilitalia e Svimez per potenziare lo sviluppo industriale delle utilities
Le utilities al sud devono fronteggiare delle sfide soprattutto in merito al service divide nel settore idrico e ambientale. Migliorare i servizi erogati farà inoltre aumentare il grado di resilienza di fronte ai cambiamenti climatici.
Le proposte di Utilitalia e Svimez per potenziare lo sviluppo industriale delle utilities nel Sud Italia consigliano: di favorire le gestioni industriali per superare la frammentazione; migliorare la governance; completare il processo di costituzione di una nuova Società dello Stato che subentri ad Eipli (Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia) per garantire il riequilibrio della dotazione della risorsa idrica nel bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale.
Infine, incentivare il processo di digitalizzazione del comparto e programmare lo stanziamento di nuove risorse per le regioni del Meridione ed assicurare la realizzazione degli investimenti.
La presidente di Utilitalia, Michaela Castelli dichiara: “L’unica strada percorribile per elevare il livello dei servizi pubblici al Sud è favorire una gestione industriale, ovvero una gestione unica che si occupi dell’intero ciclo dell’acqua come dei rifiuti. Come dimostrano le positive esperienze del centro-nord e quelle delle realtà industriali presenti nel Meridione, solo in questo modo è possibile ottenere un incremento degli investimenti e della qualità dei servizi offerti ai cittadini”.
Continua: “Bisogna intervenire nei territori in cui le amministrazioni locali non hanno ancora affidato il servizio a un soggetto industriale, con l’obiettivo di superare le gestioni in economia e la frammentazione gestionale. Per ogni euro di produzione realizzata nel Sud da parte delle utilities esaminate nel Rapporto se ne attivano, in Italia, circa 2,2: il comparto può dunque contribuire in maniera importante al rilancio economico del Meridione, anche dal punto di vista dell’impatto occupazionale diretto e indiretto”.
Per Luca Bianchi, direttore generale Svimez: “La maggiore robustezza rispetto al resto dell’industria riscontrata nelle gestioni integrate idriche e dei rifiuti, così come la capacità progettuale e di governo del sistema dei Consorzi di Bonifica, sono gli elementi che lo studio mette in evidenza come leve cruciali per favorire la transizione digitale ed ecologica del Mezzogiorno. Puntare su modelli di governance che si sono rivelati efficaci anche al Sud, rafforzandoli nei territori in cui ancora non si sono insediate le gestioni industriali e concentrandovi le maggiori risorse per investimenti del Pnrr, può essere la soluzione per sopperire al deficit di capacità amministrativa che potrebbe compromettere l’efficacia del Pnrr nel Mezzogiorno”.
Tutte le criticità del Meridione
L’Italia del sud è caratterizzata da un ritardo infrastrutturale notevole con una rete idrica “colabrodo” e la mancanza di impianti per il trattamento dei rifiuti. In genere, la gestione dei servizi qui è affidata agli enti locali, la cosiddetta “gestione in economia”, che rispetto alle gestioni industriali hanno scarsa capacità di investimento. Nelle gestioni “in economia”, gli investimenti nel settore idrico sono pari a circa otto euro all’anno per abitante, mentre la media nazionale è di 49 euro.
La dispersione delle reti idriche
Nel 2020, in Italia sono andati dispersi nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei capoluoghi di provincia 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018), con una perdita giornaliera per km di rete pari a 41 metri cubi (44 nel 2018). A titolo di esempio, la percentuale delle perdite totali in distribuzione è pari a circa il 68% a Siracusa contro il 14% di Milano (Istat, 2022).
In Italia, le famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua del rubinetto sono il 28,5% nel 2021: a livello regionale, le quote più elevate si riscontrano in Sicilia (59,9%), Sardegna (49,5%) e Calabria (38,2%).
La situazione dei rifiuti
La raccolta differenziata, a parte le due eccezioni di Sardegna e Abruzzo che superano l’obiettivo del 65%, è stata spesso oggetto di sanzioni e provvedimenti da parte dell’Unione europea, insieme al mancato rispetto delle direttive per quanto riguarda la depurazione dei reflui, infatti il 72% delle infrazioni riguarda le regioni meridionali.
Per superare le criticità del settore ed amplificare gli effetti positivi del sistema produttivo, è dunque necessario ridurre il service divide, soprattutto nei settori idrico e ambientale. Con le potenzialità del settore rinnovabile al sud, la decarbonizzazione del settore energetico con un maggiore sviluppo delle rinnovabili sembra più vicina.
Infine, riducendo le lacune nella gestione delle risorse idriche e ambientali tra nord e sud, certamente aumenterà anche l’efficienza e la qualità del servizio, che permetterà di raggiungere i target nazionali ed europei.
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