- L’Italia è quarta in Europa per numero di brevetti depositati nell’ambito delle tecnologie green. È quinta dal punto di vista della competitività nel settore.
- I risultati dell’indagine CREF.
Le Green Technologies, ovvero tutte quelle tecnologie in grado di dare un contributo alla transizione ecologica, rappresentano anche una grande opportunità per il rilancio di interi comparti economici. E l’economia italiana sembra voler cogliere questa opportunità. È quanto emerge da un’indagine del Centro Ricerche Enrico Fermi (CREF), i cui risultati sono stati presentati al Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) il 25 gennaio. Nel corso dell’evento, organizzato insieme all’Istituto di Economia della Scuola superiore Sant’Anna e al Forum Disuguaglianze e Diversità, i ricercatori Angelica Sbardella e Aurelio Patelli hanno messo in luce alcuni dati particolarmente significativi.
Green Technologies, la ricerca del CREF
L’OCSE stima che, tra il 1990 e il 2010, le energie rinnovabili siano cresciute del 400 per cento, i veicoli elettrici o ibridi del 350 per cento, l’efficienza energetica negli edifici del 140 per cento. La ricerca del CREF, che ha preso in esame i Paesi dell’Unione europea insieme a Regno Unito, Macedonia, Montenegro, Norvegia, Svizzera e Turchia, si è concentrata invece su un periodo di tempo più ampio (2000-2016). Rivelando che circa il 30 per cento delle innovazioni verdi è stato sviluppato in Europa in quegli anni.
Green Technological Fitness, la classifica
Nel 2016, la maggior parte dei brevetti è stata presentata dalla Germania (46 per cento), seguita da Francia (17 per cento) e Regno Unito (9 per cento). L’Italia si è classificata quarta insieme alla Spagna (entrambe al 4 per cento), con invenzioni che si sono concentrate sulla riduzione dell’impatto ambientale di quattro settori chiave: l’energia (puntando in particolar modo sulle rinnovabili), i trasporti (specialmente quelli su gomma), l’edilizia e la produzione di beni.
Per quanto riguarda invece la Green Technological Fitness, ovvero la competitività in fatto di innovazione, l’Italia è risultata quinta dopo Germania, Inghilterra, Francia e Austria. “La ricerca ci conferma che nelle società con minori disuguaglianze economiche la fitness tecnologica verde è maggiore, e che la trasformazione ambientale può produrre buoni lavori e sviluppo”, ha commentato Fabrizio Barca, co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità.
Il posizionamento delle regioni italiane
A livello regionale, la classifica è guidata dalla Lombardia, seguita da Piemonte ed Emilia-Romagna. La prima regione del sud è la Sicilia. Per quanto riguarda la competitività tecnologica verde, le regioni nel primo quartile sono passate da quattro nel 2000 a sette nel 2016 (Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Valle D’Aosta, Toscana, Lazio e Südtirol). Guardando poi alla Green Technological Fitness nell’ambito delle energie rinnovabili, che misura la capacità di produrre innovazioni volte alla riduzione dei gas serra nel comparto energetico, Liguria e Toscana sono le regioni con i punteggi migliori.
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La necessità di politiche ambiziose
Dal dibattito è emerso che l’innovazione debba essere sostenuta da un solido apparato di regolamentazioni e incentivi. “Servono politiche industriali e di innovazione verdi, e uno Stato innovatore che sostenga la cooperazione tra imprese pubbliche e private, e sfrutti al meglio le grandi potenzialità delle imprese pubbliche italiane, le cui competenze tecnologiche e industriali sono essenziali per decarbonizzare l’economia”, ha dichiarato Andrea Roventini, professore della Sant’Anna. “Uno Stato attivo nel sostegno dei lavoratori e nella gestione delle crisi aziendali della transizione, che possono essere un’occasione per riposizionare le imprese coinvolte nelle produzioni verdi”.
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