Una delle maggiori preoccupazioni della Fase 2 riguarda l’uso del trasporto pubblico locale. Al momento governo e associazioni lavorano a diverse soluzioni per garantire la sicurezza dei lavoratori pendolari nell’incertezza di come sarà la vita dopo l’emergenza Covid-19. È plausibile che le imprese chiederanno a una buona fetta dei dipendenti di continuare in smart working, al momento elemento di welfare aziendale. È altrettanto plausibile che il calo dei passeggeri del Tpl toccherà punte del 50% e che le strade rischieranno di intasarsi per il traffico, provocato anche dallo sharing. Preoccupa percepire che la Fase 2 metterà a rischio la sostenibilità nel trasporto pubblico locale.
La tutela della salute dei cittadini resta il faro delle decisioni sin qui assunte dal governo, come più volte rimarcato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. L’uso di guanti e mascherine e il mantenimento di almeno un metro di distanza tra i passeggeri sono tra le misure contenute nelle linee guida della bozza di decreto del ministero dei Trasporti, all’esame della cabina di regia incaricata di redigere le misure per la ripartenza del 4 maggio. È prevista anche la sanificazione dei mezzi pubblici, almeno una volta alla settimana, e l’installazione di dispenser per i disinfettanti. Al vaglio anche tariffe maggiori per chi acquisterà il biglietto nelle fasce di punta e l’idea di eliminare l’acquisto e il controllo dei biglietti cartacei.
Sostenibilità a rischio nel trasporto pubblico locale
Le Regioni si stanno attrezzando mentre aspettano le linee guida nazionali. Ieri il Lazio ha siglato un protocollo d’Intesa con Ferrovie dello stato con investimenti fino a 18 mld di euro per migliorare la mobilità regionale. L’Emilia Romagna ha rilanciato con piste ciclabili e mobilità attiva. Tra tutte le proposte una cosa è certa: nel post Covid-19 il tpl sarà diverso. Le risorse pubbliche a disposizione potrebbero non essere più usate per la conversione dei veicoli, ha spiegato ieri Giuseppe Catalano, coordinatore della Struttura tecnica di missione del ministero dei Trasporti, durante la prima tappa digitale del Mobility innovation tour. “Il Piano nazionale mobilità sostenibile andava in maniera perentoria verso la sostituzione dei diesel” ma “la produzione di veicoli ad alimentazione alternativa è più lunga oltre che più costosa”. Dunque, la sostenibilità nel trasporto pubblico locale è a rischio nella Fase 2. L’ipotesi più quotata è di usare questo denaro “per dotare gli autobus di tecnologie utili a garantire il distanziamento, a contenere i rischi di contaminazione a bordo mezzi e a ridurre il numero di passeggeri”. A marzo il Mit, ha precisato Catalano, ha erogato i primi 400 milioni di euro mensili previsti dal Fondo trasporti. “Si sta lavorando ma bisogna essere chiari: lo Stato è in difficoltà”. La ministra Paola De Michele ha chiesto alle aziende “grande senso di responsabilità” e di ricorrere agli ammortizzatori per il settore previsti anche “all’art. 19 del Cura Italia”. Nel Cura Italia, ha ricordato Catalano, c’è anche il prolungamento delle gare: quelle della seconda parte del 2019 devono essere ancora evase. I limiti alla circolazione dell’autotrasporto, ha concluso Catalano, vanno riviste: le ultime disposizioni risalgono al 14 marzo.
Proposte e criticità per la ripartenza
Ciò premesso, sarà “impossibile” incrementare il numero di mezzi e raddoppiare le frequenze, ha affermato Arrigo Giana, presidente dell’Agenzia confederale dei trasporti e servizi (Agens). L’idea è “irrealizzabile” nel breve periodo, “forse anche nel medio-lungo”. Per sopperire il presidente dell’Anav, Giuseppe Vinella, propone di “pianificare il pendolarismo aziendale noleggiando gli autobus”. Andrea Gibelli, presidente Asstra, aggiunge che bisognerà puntare sulla ripianficazione degli orari della città, lavoro per il quale sarà fondamentale il “rilancio della figura del mobility manager”. Anche perché, evidenzia Gibelli, il distanziamento provocherebbe una “riduzione troppo forte degli utenti” che impatterebbe in maniera decisa sui costi e non permetterebbe di “erogare il servizio”.
Mobilità dolce
Molti politici, in particolare del M5s, e associazioni guardano a una più decisa integrazione della mobilità dolce. Sul punto è emersa una spaccatura. Secondo Gibelli è impossibile “spostare ogni giorno in monopattino milioni di cittadini”. Per Renato Mazzoncini, docente di Mobility, infrastructures and services al Politecnico di Milano, “la mobilità dolce non va sottovalutata, si pensi al modello dell’Olanda”. Per il professore non è un’eresia che almeno “il 10% della mobilità urbana possa essere sostituita da quella dolce”. E bisognerà consentire lo spostamento in primo luogo “di chi produce Pil”.
Senso di responsabilità
Fare leva sulla “responsabilità delle persone”, come evidenziato da Gianni Scarfone, direttore generale Atb Bergamo, sarà un elemento della Fase 2 con cui spingere la sostenibilità nel trasporto. Se non saranno installati dispositivi sugli autobus “non si potrà chiedere ai nostri conducenti di contare e far scendere le persone che salgono a bordo”.
Crisi del manifatturiero
La paura è che le aziende della filiera dovranno fare sacrifici senza precedenti. Alcuni stimano un calo dei ricavi dell’ordine del 70-80% rispetto ai valori pre Covid-19. Con i numeri dati da Giorgio Zino, business director south Europe di Iveco bus, si ha una misura della crisi attuale: “I motori prodotti nello stabilimento di Torino equipaggiano il 40% dei nostri veicoli prodotti fuori dall’Italia e il 100% di quelli made in Italy”. “Il primo spunto per la ripartenza riguarda la capacità di fare sistema e di far lavorare il manifatturiero – ha aggiunto – Solo in Italia contiamo 10.000 dipendenti e 2.000 concessionari”.
Attenzione al cliente
Italscania Spa è già corsa ai ripari. “La rete di 110 officine si è adeguata alle norme sulla sicurezza e ha garantito in maniera diretta e indiretta la circolazione dei mezzi”, ha spiegato Roberto Caldini, direttore divisione Buses&Coaches. L’assistenza e la vicinanza al cliente è stata il fulcro di questo lavoro. Per Caldini si ripartirà da qui, “dalle richieste dei clienti” per “rimodulare l’offerta di prodotti e servizi”.
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