Secondo una stima di Enea nell’ultimo anno “lo smart working ha ridotto la mobilità quotidiana di circa un’ora e mezza in media a persona, per un totale di 46 milioni di km evitati, pari a un risparmio di 4 milioni di euro di mancato acquisto di carburante”.
L’indagine di Enea sullo smart working
I dati sono contenuti nell’indagine di “Il tempo dello smart working. La Pa tra conciliazione, valorizzazione del lavoro e dell’ambiente”. Lo studio ha analizzato nel corso di un anno, compreso il periodo di lockdown, l’impatto del lavoro intelligente in 29 amministrazioni pubbliche che, già prima dell’emergenza Coronavirus, avevano intrapreso questa strada.
I vantaggi ambientali dello smart working nello studio di Enea
Dalla ricerca emerge come il beneficio generato dallo smart working sia duplice. Al di là del tempo personale “liberato” e del traffico urbano evitato, il dato interessante è infatti quello relativo alle emissioni inquinanti. Enea stima che la riduzione di CO2 sia pari a 8mila tonnellate, quella di PM10 a 1,75 t e quella degli ossidi di azoto a 17,9 t.
Smart working, competitività e reattività all’emergenza
“I risultati assumono un particolare significato in questi giorni in cui circa il 75% dei dipendenti pubblici lavora in modalità smart working. E confermano che le amministrazioni che lo avevano già adottato si siano dimostrate più reattive e competitive rispetto alle altre nell’affrontare l’emergenza”, spiega in una nota Marina Penna, una delle ricercatrici dell’Enea che ha curato la ricerca.
Mobilità come fattore chiave
“La mobilità -sottolinea la studiosa – è il fattore chiave di un sistema complesso che ruota attorno all’organizzazione del lavoro e si configura come una delle principali cause dei consumi energetici e dello stress ambientale sul quale occorre intervenire con estrema rapidità”.
Lotta al riscaldamento globale
“Le conclusioni dell’ultimo rapporto dell’Ipcc sono piuttosto chiare. Lo studio sostiene che saremo in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, rispetto ai livelli preindustriali, solo se mettiamo in atto modifiche senza precedenti delle nostre abitudini in tutti gli ambiti della società, quali l’energia, il territorio e gli ecosistemi, le città e le infrastrutture, nonché l’industria”.
Smart working e pandemia
“L’emergenza – continua Penna – ci ha di fatto costretti a mettere in atto tali modifiche straordinarie e oggi siamo in grado di misurarne gli effetti. L’analisi trimestrale ENEA, in uscita in questi giorni, riporta dati sulla riduzione dei consumi e delle emissioni nel periodo che comprende la pandemia”.
Timore per “effetto rialzo sui consumi di carburante”
“Dal momento che il calo non è strutturale, ma si lega a condizioni di emergenza il timore è l’effetto rimbalzo sui consumi di carburanti e sulle relative emissioni. Le conseguenze sarebbero pesanti sia per l’avvio di una fase di crescita, che allontanerà l’Italia sempre più dai target dell’accordo di Parigi sia per il repentino incremento dei costi dei carburanti. Ciò che aprirebbe il fianco a speculazioni estremamente penalizzanti per la nostra economia” spiega la ricercatrice.
Comprendere e potenziare smart working per uscire da emergenza
“Per uscire da questa emergenza sanitaria meglio di come ci siamo entrati lo “smart working” andrà compreso, mantenuto, potenziato e reso più efficace. Soprattutto nelle grandi città in assenza di misure, si prospetta un massiccio ricorso al mezzo privato che offre una percezione di sicurezza dal contagio”, aggiunge.
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Governare lo smart working
“Opportunamente governato a livello territoriale, il ricorso allo smart working consentirebbe infatti di moderare e modulare la domanda di spostamenti casa-lavoro in modo coordinato con la programmazione del trasporto pubblico locale. Questa è un’operazione particolarmente utile nella fase 2 dell’emergenza Covid-19, in cui dovremo trovare gli adattamenti per convivere con il coronavirus”, conclude Penna.
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