Il 15 maggio le ministre per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, Paola Pisano, e per i Trasporti, Paola De Micheli, hanno siglato un protocollo d’intesa per sostenere lo sviluppo dell’auto a guida autonoma e connessa. “Innovazione e digitalizzazione, oggi più che mai, giocano un ruolo fondamentale nelle nostre vite. Hanno reso possibile il cambiamento e ci guidano verso il futuro”, ha spiegato in una nota stampa la De Micheli. L’accordo vuole indirizzare “il processo di ricerca in modo da conservare e rafforzare l’ecosistema favorevole allo sviluppo dell’innovazione nel campo della mobilità e dei trasporti”, ha commentato la Pisano, così da favorire il partenariato tra le istituzioni pubbliche, le imprese, le università, gli enti di ricerca.
Ostacolo normativo
Il protocollo è solo il primo atto di una collaborazione più ampia. Saranno pubblicati avvisi pubblici per soggetti interessati a sperimentare sul campo le proprie soluzioni. Tra questi c’è sicuramente Roberto Maldacea, ceo di I-Mobility garage, importatore dell’azienda francese Navya. Intervenuto nel corso del webinar “La rivoluzione dell’automotive. Guida autonoma, smart mobility e nuove value chain” (15 maggio 2020), promosso dalla Fondazione Democenter-Sipe di Modena nell’ambito del progetto europeo InnoPeer avm, finanziato dal programma Interreg central Europe, ha spiegato come la normativa italiana oggi non consenta la sperimentazione su strada di mezzi autonomi diversi dall’auto.
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In Europa diverse aziende li stanno testando, per lo più imprese del settore o start up. In Italia imprese come Navya che possiedono shuttle per il trasporto pubblico e veicoli per il trasporto merci sul primo e ultimo miglio non possono farlo. Nonostante “la sensoristica di questi mezzi sia superiore a quello degli autoveicoli”, ha spiegato Maldacea, “perché dove circolare anche in zone pedonali affollate in un’ora di punti del sabato pomeriggio nel centro cittadino”. Solo a Merano è stato possibile testare un bus shuttle “100% elettrico” e “100% autonomo”Navya nell’ambito del progetto “Mentor”, finanziato con 1,5 milioni di euro dal programma di cooperazione europea Interreg v/a Italia-Svizzera. “Gli utenti erano per la maggior parte preoccupati di farsi selfie”, ha commentato Maldacea.
Accettazione auto a guida autonoma e connessa
Oltre all’ormai noto ostacolo burocratico, la tecnologia dell’auto a guida autonoma e connessa potrebbe scontare un problema di accettazione. “L’applicazione di questa tecnologia cambierà modo di muoversi”, spiega Stefano Lai, giornalista e direttore generale Eccellenze d’impresa, “alcuni parlano di ‘distruptive mobility’”.
Cosa ne pensano davvero gli italiani? “Il beneficio principale che i consumatori le attribuiscono è la ridotta incidentalità”, spiega Gianluca Marchi, pro rettore vicario università degli studi di Modena e Reggio Emilia e membro del comitato scientifico Modena automotive smart area. A ritenerlo oltre metà del campione di una ricerca universitaria di cui Marchi anticipa i risultati. “L’indagine realizzata a Modena ha dato risultati simili a quelli della McKinsey”. Tra gli altri benefici identificati dagli utenti ci sono la riduzione delle emissioni nocive e la possibilità di decongestionare il traffico. Come si comporterebbero gli utenti a bordo? “Quasi il 40% guarderebbe comunque la strada. Pochi hanno un’idea di cosa fare a bordo. Pochi sono preoccupati della sicurezza dei propri dati”.
Ma agli utenti interessa davvero l’auto a guida autonoma? “Solo il 10% degli intervistati è molto interessato mentre il 70% non mostra interesse”. Eppure “oltre il 50% è disposto a spendere 5.000 euro in più del prezzo di un’automobile”.
Ripensare la città
Al momento comunque “il problema sussiste solo in città”, precisa Davide Comunello, caposervizio di Quattroruote.it, e “riguarda solo la guida assistita, non si può parlare di guida autonoma vera e propria”.
“Prima di ragionare solo ed esclusivamente di smart city bisogna capire come cambierà il rapporto tra il territorio, la coscienza dei luoghi e la loro comprensione”, ha precisato Aldo Bonomi, sociologo e direttore Aster. E non solo. “L’auto oggi è uno degli elementi più pericolosi che abbiamo, non per lo strumento in sé ma per come viene utilizzato”, conclude Pier Francesco Maran, assessore all’Urbanistica del comune di Milano. “Gli smartphone attraggono troppo l’attenzione mentre guidiamo”. Se proprio si può leggere qualcosa mentre si è a bordo dell’auto – a guida autonoma, s’intende – meglio un libro di Dostoevskij.
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