La produzione elettrica in alcuni Paesi che sono centri nevralgici per il processo di mining dei bitcoin vede in un ruolo di primo piano le fonti rinnovabili nel fornire l’energia necessaria per queste operazioni. In Islanda la percentuale è del 100%, in Quebec del 99,8%, nella Colombia Britannica (Canada) è del 98,4%. In Norvegia il dato è invece pari al 98%, mentre in Georgia siamo all’81%. In generale, secondo una recente analisi, a livello globale, le operazioni legate ai bitcoin sono state alimentate in totale da almeno il 74% da fer a partire da giugno di quest’anno, mentre un altro studio sostiene che, su 93 impianti di mining il 76% del mix di energie comprende le fer. In quest’ottica, si può valutare che il settore potrebbe essere responsabile di un valore compreso tra 0,03 e 0,06% delle emissioni globali di CO2 legate all’energia.
Questi sono alcuni dei numeri citati dalla IEA – International Energy Agency, che in un suo articolo ha affrontato il tema dell’impatto ambientale dei bitcoin analizzando una serie di pubblicazioni scientifiche e articoli dedicati al tema.
Bitcoin e uso dell’energia
In generale, spiega l’agenzia, le prospettive legate all’uso di energia da parte del comparto bitcoin sono “molto incerte” a causa dell’andamento dei prezzi o dell’introduzione di misure restrittive per l’uso di questi strumenti.
“È importante comprendere – spiega la Iea fornendo qualche numero – che il bitcoin è solo una delle tante criptovalute, che a sua volta è una delle applicazioni della blockchain, che è a sua volta un esempio della tecnologia DLP (distributed ledger technology). Ethereum (ETH), la seconda più grande criptovaluta per valore di mercato, elabora più del doppio delle transazioni della rete bitcoin, mentre utilizza solo circa un terzo dell’energia elettrica consumata da bitcoin”.
L’ETH sfrutta, in particolare, un meccanismo definito Proof-of-Work (PoW), ma è stato annunciato un futuro passaggio al sistema Proof-of-Stake (PoS) per ridurre l’intensità energetica delle operazioni. “PoS e Proof-of-Authority (PoA) potrebbero aiutare a ridurre l’energia in uso ”, spiega la IEA.
Le previsioni secondo cui i bitcoin consumano l’energia elettrica del mondo intero e ci conducono oltre i 2 ° C apparirebbero semplicemente sensazionalistiche. Detto questo, spiega la IEA, si tratta di settore molto dinamico che richiede certamente “un attento monitoraggio e analisi rigorose, in particolare un attento monitoraggio degli hotspot locali”.
Impatto ambientale simile a quello di una grande città
Secondo una ricerca interdisciplinare realizzata da studiosi dell’Università tecnica di Monaco e del Massachusetts Institute of Technology ,negli Stati Uniti, il consumo annuo di energia legato al mining e ai Bitcoin è stato di 45,8 tonnellate di elettricità alla fine del 2018. Un quantitativo che ha provocato emissioni annuali di biossido di carbonio tra 22 e 23 megatonnellate, dato analogo a quello di una grande città occidentale.
“L’impronta di carbonio dei Bitcoin è abbastanza importante da giustificare la discussione sulla possibilità di regolare la criptovaluta nelle aree in cui la generazione di elettricità è particolarmente carbon-intensive“, ha spiegato Christian Stoll uno dei ricercatori sul sito express Business.
Biitcoin e la criptovaluta di Facebook
Il bitcoin ha registrato a inizio luglio una caduta del suo prezzo al di sotto dei 10 mila dollari, un 30% in meno rispetto ai 14 mila dollari della settimana precedente. L’andamento del settore era rimasto su valori relativamente bassi per mesi, ma aveva ricevuto nuovo slancio dall’annuncio di Facebook di creare una nuova criptovaluta.
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